lunedì 1 dicembre 2025

Resoconto Mensile Tringa - Novembre 2025

 

Abbiamo un’unica strategia per salvarci. Respirare a fondo e sorridere. Fare una breve pausa e poi di nuovo. Respirare a fondo e sorridere. La serenità ha un valore immenso pari, forse, a quello della vita stessa, ma ci ostiniamo a considerarla un miraggio. Eppure, a volte o quasi sempre, basterebbe davvero così poco... Invece ci sforziamo di dare un senso alla nostra esistenza, cercando quotidianamente un posto al sole per il nostro ego, senza pensare che abbiamo questo enorme privilegio, quasi sempre davvero, di poterci fermare, per una piccola pausa, respirare a fondo (finché ci è dato ancora di poterlo fare) e sorridere. Sorridere. E’ così difficile? Sorridere, rinunciando per un attimo a tutta l’importanza che ci diamo. Sorridere. Senza un vero motivo che non sia, semplicemente, farlo. Come se questo fosse l’unico istante in cui ha senso farlo. Per sentirsi ancora vivi. L’ultimo istante, o il primo di mille altri. Ecco. Un mondo di istanti in cui fermarsi e sorridere. Senza essere sempre di fretta, sempre in mezzo, sempre al centro, sempre dentro, sempre io, io, io. In quel caso, concedetecelo, l’unica via di fuga resta il salto della quaglia.

 

Il salto della Quaglia - Foto di Simone Scognamiglio

Che poi, non che sia davvero una via di fuga efficace, almeno per le quaglie (sperdute quassù) intendo, soprattutto in questo periodo dell’anno, anzi. Potrebbe essere tranquillamente il loro ultimo salto. Da un lato, sulla piatta Terra, razzolano gli umani che la vorrebbero nel piatto. Dall’altro lato, quello a calotta sferica del Cielo, c’è un’intera schiera di formidabili predatori alati. Alcuni apparentemente più goffi e buffi, come la Poiana pagliaccio, che torna puntuale a trovarci ogni anno facendo sfigurare tutte le sue consorelle, o il truccatissimo Gufo di palude, che con tutto quel mascara percolante pare indossare gli abiti della sua controfigura africana.

 

Poiana pagliaccio - Foto di Bruno Delbianco

Poiana in posa - Foto di Luca Rossi

Poiana in fuga (da Cornacchia) - Foto di Ivano Candon

Il miraggio del Gufo di Palude  - Foto di Bruno Delbianco

Ci sono quelli fulminei e diabolici come lo Sparviere, il Falco pellegrino e il fantomatico e leggendario Smeriglio, di cui si narrano le gesta epiche solo oralmente, perché furtivamente schiva le macchine da presa, sempre che vogliate dar credito alle chiacchiere da bar-dwatcher.

Falco pellegrino - Foto di Bruno Delbianco

Sparviere - Foto di Bruno Delbianco

Sparviere - Foto di Simone Scognamiglio

Ci sono anche quelli angeli leggiadri in chiaro-scuro, che si mescolano e si confondono, dando origine a sfumati e pallidi miraggi, che prendono consistenza solo a distanza di giorni materializzandosi altrove rispetto al punto in cui li abbiamo immaginati.

 

Albanella reale - Foto di Luca Rossi

Oscuro Falco di Palude - Foto di Bruno Delbianco

Circo di Circus - Foto di Bruno Delbianco

Albanella reale - Foto di Simone Scognamiglio

Albanella reale - Foto e video di Ivano Candon



Insomma, dal Sacro al profano ci sono praticamente tutti. Se non fosse che il Sacro, come molto spesso accade, sono davvero in pochi a vederlo con i propri occhi, mentre agli altri di noi, penitenti, non resta alternativa che continuare a immaginarlo con gli occhi della fantasia.

 

Immagine Sacra del Sacro - Foto di Andrea Zappia

Con gli stessi occhi della fantasia con cui qualcuno, ormai quasi vent’anni fa, dava forma sulla carta ai suoi desideri. O alle sue visioni?

 

Realtà o immaginazione [trova il Lapponia] - Foto di Stefano Sava

La memoria confonde a tal punto i ricordi che in un istante potremmo già aver smarrito ogni nostra certezza. Verba volant, scripta manent? Chissà. La verità è che anche gli uccelli volano e se ne vanno in un istante. E non sempre qualcosa di documentato rimane davvero. Non sempre si fa in tempo a scattare un’immagine (Sacra), per immortalare l’ultimo (lo sarà davvero?) salto della (non) quaglia. Ma a volte sì.

 

Il salto del Calandro maggiore - Foto di Luca Rossi

Prendiamoci una pausa allora. Per respirare a fondo, sorridere e mettere insieme i tasselli. Il salto della (non) quaglia. Gli uccelli che passano e vanno (senza documentazione?). Le visioni dei nostri desideri sulla carta e quelle nei nostri pensieri (se volete, chiamatele “evocazioni”… riguardo però alla specie nella didascalia della foto forse un giorno ve ne parlerà qualcun altro…).

 

Evocando Codazzurri (Cit.) - Foto di Matteo Skodler

Prendiamoci una pausa anche per ricordarci che il 15 novembre inizia la Stagione Fredda e prima che venga la neve e ogni luogo recondito diventi inaccessibile è il caso che qualcuno si sacrifichi per raggiungere tutti gli angoli remoti di questo Pianeta chiamato FVG per riempire le caselle ancora vuote. Sapendo che le ore, in quei luoghi dimenticati dal Sacro e dagli uomini, trascorreranno inevitabilmente in un disarmante silenzio, sfibrando irrimediabilmente la resistenza dei più ostinati esploratori. Così, in uno di questi giorni, uggioso e malinconico più degli altri, il 20 novembre, a metà del pomeriggio lo sconforto è tale da costringerci a dirigere i nostri passi verso luoghi meno abominevoli e isolati, giusto il tempo di una pausa. Una pausa per capire se, per caso, i prati del Dandolo di Maniago (Pn) sono riusciti a convincere gli accidentali ospiti di ottobre (leggi CALANDRI MAGGIORI) a fermarsi fino al sopraggiungere della Stagione Fredda. Una pausa a camminare, trascinando i piedi nell’erba umida, assorti nei propri pensieri, senza grosse aspettative a dire il vero. Ma con uno strano pensiero, nato per caso. Una sorta di reminiscenza appartenente a un passato dimenticato. Di una creatura straordinaria osservata da Pier poco distante. Anzi due. Perché ci sarebbe sempre quel desiderio velato di ritrovare, prima o poi, un Nibbio bianco (che ultimamente compare ovunque, tranne qui). Ma concentriamoci sull’altra creatura. Un minuto ospite delle terre lapponi. Era il 19 novembre 2021. Neanche a farlo a posta.

https://www.ornitho.it/index.php?m_id=54&id=20334918

Ad ogni modo, sul momento non ci facciamo caso. Come non facciamo caso, almeno inizialmente, a quell’insolito verso che si insinua nel bel mezzo dei nostri confusi pensieri. Però insiste. Proviene da lontano, da un cielo lontano, lontanissimo, sperduto nell’Universo di Babbo Natale. Ma si avvicina. Premiamo un tasto fittizio sullo schermo del telefono e intanto la piccola creatura volante si avvicina, ci sorvola e si allontana (per sempre?). Sul telefono resta memorizzato quello strano verso.

https://www.ornitho.it/index.php?m_id=54&id=28564428

Non assomiglia a niente di quanto ritroviamo conservato nella confusionaria scaffalatura della memoria. Eppure c’è quella stravagante reminiscenza… La registrazione però non corrisponde apparentemente ai vocalizzi lapponi proposti dalla discografia disponibile. Tocca ampliare il catalogo. In parallelo partono gli approfondimenti su xeno canto, le consulenze (grazie ad Andrè, OJ e Giuss) e la condivisione in tempo reale del “dubbio”. Lo spiazzamento iniziale trova rapidamente e inaspettatamente alcune corrispondenze (ma ti pare che un accidentale si manifesti con un vocalizzo insolito e che venga sgamato così banalmente in pochi minuti?).

https://xeno-canto.org/992062

https://xeno-canto.org/1009215

Eppure, quello che era solo un pensiero improbabile si concretizza. Nonostante il richiamo non convenzionale, la visione sonora prende forma. E la creatura un nome. ZIGOLO DELLA LAPPONIA! La giornata uggiosa resta uggiosa, ma lo spazio tempo si deforma in un impercettibile sorriso. Una frazione di secondo, o poco più, per sorridere. Il sorriso vero e più grande sarebbe quello di riuscire a condividerlo con gli altri. Perché sono episodi simili che rendono straordinarie le nostre esperienze e condividerle con chi è animato dalla stessa passione le rende uniche. La condivisione (in tempo reale) è un dono. Che il (fragile) ospite arrivi dalla Lapponia o dalla Coda delle Terre Azzurre della sconfinata Taiga sarebbe meraviglioso che il suo arrivo potesse essere un dono per tutti… Respiriamo a fondo e sorridiamo? Luca arriva in pochi minuti. Lo Zigolo è svanito, ma non le nostre speranze. Camminiamo, camminiamo, camminiamo. Controlliamo dietro ad ogni stelo d’erba. Sotto gli occhi perplessi e sbalorditi delle altre creature.

 

Caprioli perplessi - Foto di Luca Rossi

Alla fine la stanchezza prevale. Torniamo verso l’auto per un ultimo tentativo. Mancano solo due passi per mettere la parola fine a questa avventura. Solo due passi. Il primo dei due (passi), come fosse il battito d’ali di una farfalla che scatena un uragano, nel momento esatto in cui si compie riempie l’aria con uno strano suono. Ricorda il verso di un passero dopato. E una creatura balza in aria. Non quaglia con (il salto del)la quaglia, ma con quello della creatura che (inizialmente) eravamo venuti a cercare. Un CALANDRO MAGGIORE. Vola vola vola e poi si posa lontano lontano. Possibile che sia uno di quelli stanati ad ottobre? Possibile che sia qui, nello stesso metro quadro d’erba, da oltre un mese? Chissà. Si è nascosto così bene per tutto questo tempo. Senza l’arrivo di Luca il suo segreto sarebbe rimasto tale.

 

Un altro salto del Calandro Maggiore - Foto di Luca Rossi

Piccole emozioni condivise. Piccoli regali di Natale in anticipo per addobbare l’albero dei nostri sorrisi. Possiamo aggiungere ancora qualche addobbo, cosa ne dite? Alcuni sono pronti così, tinti di bianco niveo, solo da far danzare insieme alle luci.

 

Codibugnolo testabianca - Foto di Simone Scognamiglio

Codibugnolo testabianca - Foto di Simone Scognamiglio



Altri, meno candidi e brillanti ma pur sempre viaggiatori d’altri mondi, aggiungono un insolito (e poco melodico) rintocco sonoro alle nostre decorazioni.

 

Ciuffolotto pronto a suonare la sua Tromba



Ognuno però è libero di immaginare il suo albero in base alla propria predisposizione artistica, stilistica ed emotiva. Per esempio, l’albero di Paolo è debitamente ambientato, con un adorno blu azzurro su una chioma ventosa a scia di cometa.

 

L'albero di Paolo e il Passero solitario - Foto di Paolo Utmar

L’albero di Silvano è minimalista, realizzato da un noto ginnasta acrobatico dei cieli, ospite tardivo di queste nostre nordità.

 

L'albero della Rondine rossiccia - Foto di Silvano Candotto

L’albero di Bruno è una palizzata rivestita i rete trasparente con una vanitosa e colorata stella a brillare sulla punta, mentre quello dello scorso anno viene rapidamente smantellato dall’apposito addetto della filiera del legno morto.

 

La stella del Martin pescatore - Foto di Bruno Delbianco

Il Picchio nero e l'albero dismesso - Foto di Bruno Delbianco

Gli alberi di Pietro e Simone sono ancora alla fase preliminare, in elaborazione. Stanno valutando una proroga fino al 25 dicembre per apportare eventuali migliorie all’intera struttura. Nel frattempo giostrano i pendagli a disposizione in variabili rappresentazioni.

 

Addobbo Pendolino - Foto di Pietro Zamò

Addobbo Saltimpalo - Foto di Pietro Zamò

Addobbo Migliarino di palude - Foto di Simone Scognamiglio

Addobbo Fanello - Foto di Simone Scognamiglio

Che poi, non ci sono solo gli alberi. Le decorazioni, inevitabilmente, coinvolgono tutto quello che ci circonda. Piccole luci bianche compaiono sui cavi dondolanti lungo le vie.

 

Addobbo Averla maggiore - Foto di Simone Scognamiglio

Addobbo Averla maggiore - Foto di Simone Scognamiglio

Sui muri delle case, piccole ombre di colori e sfumature donano nuove tonalità a uno smunto grigiore.

 

Muro addobbato di Marangoni dal ciuffo - Foto di Paolo Utmar

Muretto con Merlo acquaiolo - Foto di Bruno Delbianco

Muratura in pietra e Picchio muraiolo 



Le strade e le vie d’acqua si affollano (si fa per dire) di solitari, incuriositi e timidi passanti, attirati da queste inattese novità.

 

La lunga strada della Salamandra pezzata - Foto di Bruno Delbianco

Codirosso spazzacamino, il primo della fila - Foto di Simone Scognamiglio

Strolaga minore curiosa di qua - Foto di Paolo Utmar

Strolaga minore curiosa di là - Foto di Bruno Delbianco

Sferzate tra Smergo minore e Svasso maggiore - Foto di Simone Scognamiglio

Si affollano, magari non le strade, ma si affollano davvero alcuni localizzati punti di ritrovo. In fondo è la stagione delle feste e delle festività. [Video di Skody]

 


E a noi non resta che dedicarci al gioco di società del momento. Il gioco dell’Oca. Quello in cui, in mezzo alla calca e alla folla, dobbiamo essere in grado di trovare l’intruso.

 

Trova l'Oca collorosso (facile) - Foto di Silvano Candotto

Trova l'Oca lombardella minore (impegnativo) - Foto di Pietro Zamò

Trova l'Oca granaiola (versione Demo) - Foto di Silvano Candotto

Trova l'Oca granaiola (versione Professional) - Foto di Matteo Skodler

Il bello di questo gioco è che talvolta l’intruso non è affatto un intruso. Magari fa di tutto per sembrare un intruso. E riesce a metterci in estrema difficoltà. O magari è davvero un intruso doppiogiochista? Vai tu a capire i travestimenti di queste spie venute dal freddo…

 

Oca lombardella "intermedia" (l'occhio inganna) - Foto di Angelo Formentin

Oca lombarella "beccogrigio" (vs granaiola senza glutine) - Foto di Angelo Formentin

A volte l’intruso è davvero un intruso, ma non è un’oca, anche se il contesto ambientale è molto simile. Ma il gioco funziona ugualmente.

 

Trova le Pesciaiole nella mischia - Foto di Angelo Formentin

Trova gli intrusi germanici tra i Fischioni - Foto di Simone Scognamiglio

Una parola in più su questi assembramenti pre-natalizi. Ci sono sempre stati, è vero. Ma non tutti i partecipanti sono presenze consolidate. Un pochino come alle tradizionali Feste dei Nodi Tringa.

https://tringa-fvg.blogspot.com/2025/11/festa-dei-nodi-2025-nel-regno-di.html

O meglio, ormai possiamo dire che alcuni lo sono, ma soltanto da pochi anni davvero, anche se qualcuno di noi potrebbe pensare che (per esempio, i Fenicotteri) ci siano sempre stati. Negli ultimi dieci anni, in effetti, ci sono (quasi) sempre stati.

 

Fenicottero ssp. Lisertii - Foto di Paolo Utmar

Fenicottero ssp. sgocciolante - Foto di Simone Scognamiglio

E quei loschi individui bianchi e neri dallo smisurato becco ricurvo che oggi presidiano campi, canalette, pozze e stagni, da quanto tempo partecipano alle festività invernali in numeri così esorbitanti (leggi centinaia)? [Ps No, l’anello non è / era leggibile]

 

Ibis sacro invasore - Foto di Paolo Utmar

In effetti, abbiamo forse lo strumento adatto per dirvelo. Avete presente tutte quelle insulse pubblicazioni che anno dopo anno cerchiamo di sfornare in tempo reale per condividere la conoscenza cangiante che da un anno all’altro muta come se non esistesse un domani? Tutte quelle pubblicazioni che trovate, gratuitamente scaricabili, nella colonna a destra di questa pagina blog (tre edizioni della Stagione Fredda in provincia di Udine, due della Stagione Calda, i due atlanti comunali di Udine e le avventure della Spiaggia del Fratino), alcune ancora disponibili in formato cartaceo. Ecco, grazie a tutte queste insulse pubblicazioni realizzate nell’arco di una decina di anni possiamo rispondere a questa domanda. Qui sotto trovate le pagine dedicate all’IBIS SACRO rispettivamente nelle varie edizioni della Stagione Fredda (2017, 2020, 2023). Che poi, per essere precisi, non è l’anno di pubblicazione che ha davvero valore, quanto gli anni di raccolta dati. Perché un lavoro può essere tanto recente (come pubblicazione) quanto datato (come raccolta dati). Meglio definire i periodi: 2013-2016, 2013-2019, 2013-2023. Non vi chiediamo di leggere il testo (solo ai più audaci), credo sia sufficiente dare uno sguardo alle mappe di distribuzione. Le differenze non sono dovute a un diverso sforzo d’indagine, ma semplicemente all’effetto della “progressiva e costante” colonizzazione del nostro territorio.

 

Stagione Fredda 2013-2016

Stagione Fredda 2013-2019

Stagione Fredda 2013-2023

E una domanda si pone, al solito, in queste situazioni. Vale la pena davvero dedicare (inefficaci) risorse belliche per combattere contro l’invasore (sapendo, a priori, di non essere nemmeno tutti sulla stessa barca, sempre che si combatta da una barca)? Esiste realmente un’unica retta via che ci conduca attraverso l’oscurità calante?

 

La retta via nell'oscurità - Foto di Matteo Skodler

Le orde del nemico ormai sono alle porte. Siamo circondati. Contingenti di nere creature ci assalgono da ogni fronte. E noi giochiamo ancora al nostro tradizionale gioco. Non più oche, ma ancora intrusi. Dal Corvo comune non così comune alla Cornacchia nera rarità triestina, fino a stanare quella che potremmo sbilanciarsi a definire Taccola orientale?

 

Corvo comune - Foto di Pietro Zamò

Cornacchia nera triestina - Foto di Stefano Sava

Taccola orientale (?) - Foto di Tommaso Zamò

Taccola orientale (?) - Foto di Pietro Zamò

Ma in fondo è solo un gioco, dare i nomi alle cose, o no? Come il nostro quiz mensile, una settimana per dare un nome alle cose che si nascondono alla vista (sul numero potete provare a sbilanciarvi, ma solo con la fantasia).

 

Foto Quiz - Foto di Angelo Formentin

Se poi siete dei veri appassionati del “Dare un nome alle cose” allora abbiamo un gioco per voi, senza limiti di tempo. Vi doniamo una carrellata di scatti che il viaggiatore Pulotto ha raccolto nel suo viaggio esplorativo in Etiopia; in cambio, se volete, potete donare le vostre risposte (corrette) direttamente a pulotto chiocciolina gmail.com.

 

1... - Foto di Pulotto

2... - Foto di Pulotto

3... - Foto di Pulotto

4... - Foto di Pulotto

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30... - Foto di Pulotto

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33... - Foto di Pulotto

34... - Foto di Pulotto


In premio, per tutti i partecipanti (e non), uno scatto riassuntivo di quello che è stato il nostro e vostro mese di Novembre. Insieme a un abbraccio caldo, un respiro profondo, un sorriso e un invito (o più di uno...)

 



 

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