Stavolta non ho una vera storia
da raccontarvi. Abbiamo preso la prima isola che passava per il Tirreno e ci
siamo saliti a bordo. Contavamo di insinuarci inosservati nel nugolo dei
migranti volatori, avvicinandoli silenziosamente ad uno a uno, chiamandoli per
nome il tempo esatto dell’istante in cui li avremmo visti ripartire, senza
disturbarli, lasciandoci sorprendere da questo eterno miracolo della
migrazione. Sì, certo. Proprio così. Eterno miracolo di sto gran miraggio.
Perché qualcosa deve essere andato storto dall’inizio. O forse ci siamo
spiegati male noi con il supremo navigatore celeste. Tipo quando desideri una
settimana di tregua su un’isola deserta immersa nella natura selvaggia e ti
ritrovi su un’isola effettivamente deserta dove la natura più selvaggia che
incontri è quella della tua specie. O della specie che più assomiglia alla tua,
non si dica che siamo umani. Selvaggia per il semplice motivo di esistere, mica
per altro, non fraintendetemi.
Solo che la presenza umana è l’unica che si percepisce
realmente, a parte quella degli OCCHIOCOTTI, dei FIORRANCINI, degli ZIGOLI NERI
e di qualche altro sporadico intruso. Stiamo parlando dell’Isola d’Elba, che
esattamente dieci anni fa aveva rappresentato la meta del primo viaggio
i’solitario del duo vagabondo. A quei tempi l’inesperienza e l’ingenuità ci
avevano reso l’avventura interessante, lasciandoci intonsa la curiosità di
tornare. Ecco, forse è qui la risposta. Nel tempo ci siamo abituati male,
perennemente insoddisfatti dalle costanti sorprese che la quotidianità ci
riserva, sempre alla ricerca dell’estremo. Forse è vero. Quasi sicuramente,
anzi. Tuttavia non riuscirete a toglierci la consapevolezza che tutta questa
desolazione sia reale. A questo proposito vi porterò una testimonianza. Perché
in uno di quei momenti topici che solo su un’isola sperduta possono
realizzarsi, quando ti fermi casualmente davanti all’ingresso di una spiaggia
naturista (perché noi amanti della natura siamo naturisti, giusto?)
e
percepisci una voce insolita che afferma “O voi, birders di EBN!” comprendi
immediatamente che stai facendo un inaspettato Lifer. Anzi Laifer. O, meglio
ancora, FAIFER. Proprio lui. Paolo Faifer in carne ed ossa.
Altrettanto
sbalordito dal trovarsi di fronte due simili birbanti. Anche lui di nuovo
sull’Elba, dopo quarant’anni! E la sua sensazione è la nostra. Non vola nulla.
Il cielo è deserto. E all’apparenza lo sono anche tutti gli ambienti
dell’isola, dalla macchia al bosco, dalle montagne ai centri abitati, alle zone
umide. Non ultimo il mare.
Se non fossimo reduci dal Bioblitz sul Tagliamento
in Friuli il giorno precedente, con un pomeriggio di assordante silenzio
dall’alta pianura alla montagna ci meraviglieremmo oltremodo per questa
sconsiderata assenza d’avifauna. Tuttavia lo sconforto gradualmente ci
conquista, perchè la nostra esplorazione stenta a portare i frutti sperati. Con il mio disintegratore di nuvole che inaspettatamente continua a funzionare,
ribaltando le pessime previsioni per l’intera settimana, sperperando arcobaleni a non finire.
Alla fine tuttavia mostra
evidenti segni di cedimento, lasciando insinuare prima un poderoso vento da
ovest e poi frantumandosi sotto la persistente umidità piovosa che inonda
avventatamente l’isola, nonostante i nostri tentativi (a dire il vero quasi
sempre efficaci) di sfuggirle. Ci proviamo comunque, cocciutamente, per giorni.
Tanto che soltanto alla fine riveliamo la nostra vera essenza pigrona.
E forse
avremmo dovuto desistere prima, perché nelle ultime ore compare una delle
bestie nere tanto bramata, nera di suo realmente, quell’(o)scuro FALCO DELLA
REGINA (cercato invano per tutta la settimana, incluso l’ingannevole tentativo
di confonderlo con un LODOLAIO immaturo) che sfreccia sul mare alla ricerca di
prede. Peggio ancora poi, quando all’imbarco sul traghetto in attesa della
partenza il cannocchiale puntato verso la cima del monte Serra intercetta un
NIBBIO REALE in volteggio alto che poi in planata si dirige verso ovest. A
pensarci bene, nonostante i km a piedi ed in auto lungo tutto il periplo
dell’isola, buona parte delle specie le abbiamo percepite (dire viste è una
parola grossa) così, seduti sugli scalini d’ingresso del B&B di Rio
nell’Elba. Come a dire, la prossima volta fatevi una vacanza pigrona
dall’inizio!
E invece no. Imperterriti. Alla ricerca delle singole anime
volanti. Infilandosi in ogni cespuglio, per rivelarlo inevitabilmente spoglio.
Per poi trovare la vita pullulare in un’infida canaletta, dove in mezzo ad un
nugolo di GERMANI REALI (e Anatre mute), un pollaio di GALLINELLE D’ACQUA, una
giostra di ardeidi (con GARZETTE, AIRONI GUARDABUOI e CENERINI),
un dormitorio
di TACCOLE ed un circo acrobatico di MARTIN PESCATORI compare addirittura
un’ALZAVOLA, forse l’osservazione più curiosa di tutto il viaggio.
Se non fosse
per quella COLOMBELLA (a dire il vero, anche di COLOMBACCI ne vedremo uno solo,
poco dopo) che troviamo il primo giorno, appena sbarcati, mentre verifichiamo
dal vivo l’esistenza di una GRU che pare ormai essersi stabilita
indeterminatamente sull’isola, trascorrendo le sue giornate a pascolare tra
prati e vigne, concedendosi ogni tanto di punzecchiare la coda dei FAGIANI COMUNI
in mezzo ai quali razzola.
Che poi, messa così, sembra quasi vivace ed
allegorica questa rappresentazione. Solo perché vi risparmio la solitudine
della lecceta, della pineta e della macchia mediterranea, che ti spinge a
domandarti se il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano tuteli il suo
silenzio.
Pare inverosimile che nei millenni specie come il picchio rosso
maggiore, i rampichini ed alcune cince (escluse CINCIALLEGRA e CINCIARELLA) non
abbiano scelto di colonizzare un’isola così poco distante dalla terra ferma. Ci
sarebbe spazio per tutti, apparentemente. O forse anche su questo punto stiamo
sbagliando qualcosa. E allora continuiamo a perlustrare. Al terzo tentativo, in
dieci anni, riusciamo finalmente a salire in cima al monte Capanne senza che
una coltre di fitta nebbia lo avvolga.
Dieci anni fa, seppure nella nebbia, le
storiografie (non ornitho.iche) riportano addirittura l’osservazione di
Sordone, Rondine montana, Crociere e Merlo dal collare. Il secondo tentativo,
stavolta, era sfumato a pochi metri dall’arrivo. Sfumato proprio. Voi riuscite
ad intravedere la vetta? Nemmeno noi.
Nebbia o non nebbia ad ogni modo
quest’anno in entrambe le occasioni dobbiamo accontentarci del nulla più totale
sulla vetta. Ci rassegniamo a trascorrere interminabili pause seduti sulle
rocce, concedendoci il lusso di memorizzare il verso (per il canto prima o poi
ci ingegneremo) di MAGNANINA COMUNE e MAGNANINA SARDA.
Riusciamo a dedicare ad
entrambe la contemplazione che meritano, con le mie solite scarse capacità
fotografiche.
Della Sterpazzola della Sardegna (così come di eventuali Regoli)
nessuna traccia. Ci sarebbe tuttavia uno strano, insolito, dannato luì.
Silenzioso all’apparenza (a meno che non sia lui ad emettere episodicamente un
verso sibilante) e compagno di merende dei casinisti fiorrancini. Grande (anzi
piccolo) come loro. Zampe chiare. Becco minuscolo. Addome e petto color pallido
con screziature gialline. Visto praticamente solo e soltanto da sotto, con
sfuggenti visioni del lato superiore nascosto tra i rami dei pini. Una sorta di
minuto Luì grosso con un sopracciglio giallastro, che solo la nostra sconfinata
ingenuità ci porta a ritenere sprovvisto di barre alari. Nessuna foto, nessun
video. Resterà indeterminato in eterno. Anche perché non abbiamo idea di come
catalogarlo. Anzi, probabilmente non è esistito affatto, ce lo siamo soltanto
immaginato nella nebbia, come un ricordo sbiadito, per nulla nitido... Che poi
anche sui versi, mai mettere la mano sul fuoco. Il CODIROSSO COMUNE ha sempre qualcosa
di nuovo da inventarsi ed insegnarci.
Ma almeno quello del VENTURONE CORSO
ormai lo conosciamo, a Sarabanda lo indovineremmo dopo il primo millesimo di
secondo. Lo intercettiamo in sorvolo in località casuali. Fotografarlo però,
come al solito, è un altro discorso.
Per non parlare delle STERPAZZOLINE, DI
MOLTONI tutte quelle (poche) che emettono il loro scricciolesco verso,
indeterminate le altre (ancora meno) silenziose.
Cosa ci resta allora? Il mare,
con le sue lontane BERTE MAGGIORI accompagnate, quando il gioco si fa duro e il
tempo burrascoso, da trenini di BERTE MINORI, mentre i MARANGONI DAL CIUFFO
poltriscono sugli scogli.
I GABBIANI sono solo REALI. C’è ancora, solitario, un
ramingo GABBIANO CORSO. Lo contattiamo in tre occasioni, in tre località
diverse. E ci illudiamo che sia sempre lo stesso. Un adulto. L’ultimo rimasto
sull’isola. Sulle scogliere a picco sul mare, sempre più SOLITARI i PASSERI
rifuggono dal palesare la loro solitudine, in territori che improbabili ANATRE
MUTE selvagge hanno scelto come loro dimora.
E il cielo allora? Se non fosse
per stormi imprevedibili di RONDONI MAGGIORI ed occasionali tempeste di RONDINI
e BALESTRUCCI in mezzo ai quali si nascondono singoli TOPINI e RONDONI PALLIDI,
sarebbe semplicemente una vastità di azzurro e grigio, sferzato da vento, nubi
ed arcobaleni. Nemmeno i FALCHI PELLEGRINI e i CORVI IMPERIALI ormai sembrano
dominarlo.
Ogni tanto compaiono un GHEPPIO uno SPARVIERE o una POIANA, mentre
gli ultimi strascichi di FALCHI DI PALUDE e FALCHI PECCHIAIOLI (quei dannati
immaturi che in una buona percentuale vengono scambiati per chissà quale altra
specie, dal Nibbio bruno al Falco giocoliere) lasciano punteggiature sparse
sulla scia della migrazione.
La Migrazione.
Ci soffermiamo a domandare ai singoli PIGLIAMOSCHE,
CULBIANCHI e PRISPOLONI se la conoscano. Ci guardano perplessi. “Di cosa state
parlando?”
Non lo chiediamo agli Stiaccini, che non troviamo, sebbene
la STIACCINA sia una
specialità dell’isola.
Eppure tra i cespugli si nascondono segreti che solo la
sventura riesce a rivelarci. Che per un istante, per un dannato istante, ci
rivela il nascondiglio dell’unico USIGNOLO (dalla prima primaria troppo lunga)
rinvenuto sull’isola, impattato probabilmente da pochi attimi a bordo strada.
Per la sua salvezza, avremmo preferito non svelare il suo mistero esistenziale.
Mistero che coinvolge anche un’altra specie. Perché quando il Pulotto decide di
appartarsi per espletare le sue religiose funzioni sceglie sempre dei luoghi
mistici. E così trova due nidi praticamente intatti di RONDINE ROSSICCIA,
apparentemente riadattati di fresco. E la curiosità allora ci spinge ad
indagare anche sotto il ponte successivo. Dove di nidi ne troviamo addirittura
quattro, tre più antichi ed uno più recente. Solo che ad approfondire postuma
la ricerca (su ornitho) scopriamo che questi stessi ultimi quattro nidi sono
presenti (probabilmente nelle medesime condizioni) già dal 2013. Ma noi ci
auguriamo che le graziose ospiti continuino ad utilizzarli, almeno quelli
ancora integri (consideratele foto "ai nidi" e non foto "al nido", vuoti sono vuoti).
E quindi? D’accordo, l’isola è meravigliosa, nel suo universo
di ambienti e panorami (le foto belle, in tutto il post, sono di Pulotto, delle altre non vi dico l'autore).
Ma a quel bolide stellare che a metà settimana nella
notte buia (scarseggiano le luci sulle strade, sappiatelo) attraversa il cielo
illuminandolo per diversi secondi avremmo espresso il desiderio di trovarla
abitata da una popolazione sfarfallante, vocifera e variopinta. Le potenzialità
ci sono, forse un giorno scopriremo le ragioni che non permettono di renderle
reali. Non ci tocca che ingoiare anche questo rospo. Anzi no, fotografiamolo e
basta. Non si sa mai che a qualcuno venga in mente di baciarlo.
E niente,
questa era la storia che in sostanza non avevo da raccontarvi. Ci abbiamo
provato anche stavolta. Verrà la volta che ci riusciremo. E quella volta magari
sarete insieme a noi.
Qui sotto, il Menù servito sull’Isola.
(Anatra muta “selvaggia”)
- ALZAVOLA
- Germano
reale
- Fagiano
comune
- Berta
maggiore
- Berta
minore
- Marangone
dal ciuffo
- Airone
guardabuoi
- Garzetta
- Airone
cenerino
- Falco
pecchiaiolo
- NIBBIO
REALE
- Falco
di palude
- Sparviere
- Poiana
- Gheppio
- Lodolaio
- FALCO
DELLA REGINA
- Falco
pellegrino
- Porciglione
- Gallinella
d’acqua
- GRU
- Piro
piro piccolo
- GABBIANO
CORSO
- Gabbiano
reale
- Piccione
domestico (e Piccione “selvaggio”)
- COLOMBELLA
- COLOMBACCIO
- Tortora
dal collare
- Assiolo
- Civetta
- RONDONE
PALLIDO
- Rondone
maggiore
- Martin
pescatore
- TOPINO
- Rondine
- Balestruccio
(RONDINE ROSSICCIA, nidi)
- Prispolone
- Cutrettola
- Ballerina
gialla
- Ballerina
bianca
- Scricciolo
- Pettirosso
- USIGNOLO
(R.I.P.)
- Codirosso
comune
- Saltimpalo
- Culbianco
- Passero
solitario
- Merlo
- Usignolo
di fiume
- Beccamoschino
- MAGNANINA
SARDA
- Capinera
- Beccafico
- Magnanina
comune
- Sterpazzolina
di Moltoni (e Sterpazzolina sp.)
- Occhiocotto
- Luì
piccolo
- Luì
grosso
(Phylloscopus indet., mannaggia a
Luì)
- Fiorrancino
- Pigliamosche
- Codibugnolo
- Cinciarella
- Cinciallegra
- Gazza
- Taccola
- Cornacchia
grigia
- Corvo
imperiale
- Storno
- Passera
d’Italia
- Passera
mattugia
- Fringuello
- Verzellino
- VENTURONE
CORSO
- Verdone
- Cardellino
- Zigolo
nero
Cinghiale
Muflone
Lepre comune
Cetaceo indet. (probabili tursiopi)
Chirotteri indet. (numerosi di varie forme e dimensioni)
Rospo comune
Lucertolame vario
Farfallame e libellulame