martedì 29 settembre 2020

In Esilio, dall'Elba al Tremendo

Stavolta non ho una vera storia da raccontarvi. Abbiamo preso la prima isola che passava per il Tirreno e ci siamo saliti a bordo. Contavamo di insinuarci inosservati nel nugolo dei migranti volatori, avvicinandoli silenziosamente ad uno a uno, chiamandoli per nome il tempo esatto dell’istante in cui li avremmo visti ripartire, senza disturbarli, lasciandoci sorprendere da questo eterno miracolo della migrazione. Sì, certo. Proprio così. Eterno miracolo di sto gran miraggio. Perché qualcosa deve essere andato storto dall’inizio. O forse ci siamo spiegati male noi con il supremo navigatore celeste. Tipo quando desideri una settimana di tregua su un’isola deserta immersa nella natura selvaggia e ti ritrovi su un’isola effettivamente deserta dove la natura più selvaggia che incontri è quella della tua specie. O della specie che più assomiglia alla tua, non si dica che siamo umani. Selvaggia per il semplice motivo di esistere, mica per altro, non fraintendetemi. 

Solo che la presenza umana è l’unica che si percepisce realmente, a parte quella degli OCCHIOCOTTI, dei FIORRANCINI, degli ZIGOLI NERI e di qualche altro sporadico intruso. Stiamo parlando dell’Isola d’Elba, che esattamente dieci anni fa aveva rappresentato la meta del primo viaggio i’solitario del duo vagabondo. A quei tempi l’inesperienza e l’ingenuità ci avevano reso l’avventura interessante, lasciandoci intonsa la curiosità di tornare. Ecco, forse è qui la risposta. Nel tempo ci siamo abituati male, perennemente insoddisfatti dalle costanti sorprese che la quotidianità ci riserva, sempre alla ricerca dell’estremo. Forse è vero. Quasi sicuramente, anzi. Tuttavia non riuscirete a toglierci la consapevolezza che tutta questa desolazione sia reale. A questo proposito vi porterò una testimonianza. Perché in uno di quei momenti topici che solo su un’isola sperduta possono realizzarsi, quando ti fermi casualmente davanti all’ingresso di una spiaggia naturista (perché noi amanti della natura siamo naturisti, giusto?) 

e percepisci una voce insolita che afferma “O voi, birders di EBN!” comprendi immediatamente che stai facendo un inaspettato Lifer. Anzi Laifer. O, meglio ancora, FAIFER. Proprio lui. Paolo Faifer in carne ed ossa. 

Altrettanto sbalordito dal trovarsi di fronte due simili birbanti. Anche lui di nuovo sull’Elba, dopo quarant’anni! E la sua sensazione è la nostra. Non vola nulla. Il cielo è deserto. E all’apparenza lo sono anche tutti gli ambienti dell’isola, dalla macchia al bosco, dalle montagne ai centri abitati, alle zone umide. Non ultimo il mare. 



Se non fossimo reduci dal Bioblitz sul Tagliamento in Friuli il giorno precedente, con un pomeriggio di assordante silenzio dall’alta pianura alla montagna ci meraviglieremmo oltremodo per questa sconsiderata assenza d’avifauna. Tuttavia lo sconforto gradualmente ci conquista, perchè la nostra esplorazione stenta a portare i frutti sperati. Con il mio disintegratore di nuvole che inaspettatamente continua a funzionare, ribaltando le pessime previsioni per l’intera settimana, sperperando arcobaleni a non finire. 




Alla fine tuttavia mostra evidenti segni di cedimento, lasciando insinuare prima un poderoso vento da ovest e poi frantumandosi sotto la persistente umidità piovosa che inonda avventatamente l’isola, nonostante i nostri tentativi (a dire il vero quasi sempre efficaci) di sfuggirle. Ci proviamo comunque, cocciutamente, per giorni. Tanto che soltanto alla fine riveliamo la nostra vera essenza pigrona. 

E forse avremmo dovuto desistere prima, perché nelle ultime ore compare una delle bestie nere tanto bramata, nera di suo realmente, quell’(o)scuro FALCO DELLA REGINA (cercato invano per tutta la settimana, incluso l’ingannevole tentativo di confonderlo con un LODOLAIO immaturo) che sfreccia sul mare alla ricerca di prede. Peggio ancora poi, quando all’imbarco sul traghetto in attesa della partenza il cannocchiale puntato verso la cima del monte Serra intercetta un NIBBIO REALE in volteggio alto che poi in planata si dirige verso ovest. A pensarci bene, nonostante i km a piedi ed in auto lungo tutto il periplo dell’isola, buona parte delle specie le abbiamo percepite (dire viste è una parola grossa) così, seduti sugli scalini d’ingresso del B&B di Rio nell’Elba. Come a dire, la prossima volta fatevi una vacanza pigrona dall’inizio! 



E invece no. Imperterriti. Alla ricerca delle singole anime volanti. Infilandosi in ogni cespuglio, per rivelarlo inevitabilmente spoglio. Per poi trovare la vita pullulare in un’infida canaletta, dove in mezzo ad un nugolo di GERMANI REALI (e Anatre mute), un pollaio di GALLINELLE D’ACQUA, una giostra di ardeidi (con GARZETTE, AIRONI GUARDABUOI e CENERINI), 




un dormitorio di TACCOLE ed un circo acrobatico di MARTIN PESCATORI compare addirittura un’ALZAVOLA, forse l’osservazione più curiosa di tutto il viaggio. 


Se non fosse per quella COLOMBELLA (a dire il vero, anche di COLOMBACCI ne vedremo uno solo, poco dopo) che troviamo il primo giorno, appena sbarcati, mentre verifichiamo dal vivo l’esistenza di una GRU che pare ormai essersi stabilita indeterminatamente sull’isola, trascorrendo le sue giornate a pascolare tra prati e vigne, concedendosi ogni tanto di punzecchiare la coda dei FAGIANI COMUNI in mezzo ai quali razzola. 



Che poi, messa così, sembra quasi vivace ed allegorica questa rappresentazione. Solo perché vi risparmio la solitudine della lecceta, della pineta e della macchia mediterranea, che ti spinge a domandarti se il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano tuteli il suo silenzio. 

Pare inverosimile che nei millenni specie come il picchio rosso maggiore, i rampichini ed alcune cince (escluse CINCIALLEGRA e CINCIARELLA) non abbiano scelto di colonizzare un’isola così poco distante dalla terra ferma. Ci sarebbe spazio per tutti, apparentemente. O forse anche su questo punto stiamo sbagliando qualcosa. E allora continuiamo a perlustrare. Al terzo tentativo, in dieci anni, riusciamo finalmente a salire in cima al monte Capanne senza che una coltre di fitta nebbia lo avvolga. 



Dieci anni fa, seppure nella nebbia, le storiografie (non ornitho.iche) riportano addirittura l’osservazione di Sordone, Rondine montana, Crociere e Merlo dal collare. Il secondo tentativo, stavolta, era sfumato a pochi metri dall’arrivo. Sfumato proprio. Voi riuscite ad intravedere la vetta? Nemmeno noi. 






Nebbia o non nebbia ad ogni modo quest’anno in entrambe le occasioni dobbiamo accontentarci del nulla più totale sulla vetta. Ci rassegniamo a trascorrere interminabili pause seduti sulle rocce, concedendoci il lusso di memorizzare il verso (per il canto prima o poi ci ingegneremo) di MAGNANINA COMUNE e MAGNANINA SARDA. 

Riusciamo a dedicare ad entrambe la contemplazione che meritano, con le mie solite scarse capacità fotografiche. 














Della Sterpazzola della Sardegna (così come di eventuali Regoli) nessuna traccia. Ci sarebbe tuttavia uno strano, insolito, dannato luì. Silenzioso all’apparenza (a meno che non sia lui ad emettere episodicamente un verso sibilante) e compagno di merende dei casinisti fiorrancini. Grande (anzi piccolo) come loro. Zampe chiare. Becco minuscolo. Addome e petto color pallido con screziature gialline. Visto praticamente solo e soltanto da sotto, con sfuggenti visioni del lato superiore nascosto tra i rami dei pini. Una sorta di minuto Luì grosso con un sopracciglio giallastro, che solo la nostra sconfinata ingenuità ci porta a ritenere sprovvisto di barre alari. Nessuna foto, nessun video. Resterà indeterminato in eterno. Anche perché non abbiamo idea di come catalogarlo. Anzi, probabilmente non è esistito affatto, ce lo siamo soltanto immaginato nella nebbia, come un ricordo sbiadito, per nulla nitido... Che poi anche sui versi, mai mettere la mano sul fuoco. Il CODIROSSO COMUNE ha sempre qualcosa di nuovo da inventarsi ed insegnarci. 


Ma almeno quello del VENTURONE CORSO ormai lo conosciamo, a Sarabanda lo indovineremmo dopo il primo millesimo di secondo. Lo intercettiamo in sorvolo in località casuali. Fotografarlo però, come al solito, è un altro discorso. 


Per non parlare delle STERPAZZOLINE, DI MOLTONI tutte quelle (poche) che emettono il loro scricciolesco verso, indeterminate le altre (ancora meno) silenziose. 

Cosa ci resta allora? Il mare, con le sue lontane BERTE MAGGIORI accompagnate, quando il gioco si fa duro e il tempo burrascoso, da trenini di BERTE MINORI, mentre i MARANGONI DAL CIUFFO poltriscono sugli scogli. 


I GABBIANI sono solo REALI. C’è ancora, solitario, un ramingo GABBIANO CORSO. Lo contattiamo in tre occasioni, in tre località diverse. E ci illudiamo che sia sempre lo stesso. Un adulto. L’ultimo rimasto sull’isola. Sulle scogliere a picco sul mare, sempre più SOLITARI i PASSERI rifuggono dal palesare la loro solitudine, in territori che improbabili ANATRE MUTE selvagge hanno scelto come loro dimora. 

E il cielo allora? Se non fosse per stormi imprevedibili di RONDONI MAGGIORI ed occasionali tempeste di RONDINI e BALESTRUCCI in mezzo ai quali si nascondono singoli TOPINI e RONDONI PALLIDI, sarebbe semplicemente una vastità di azzurro e grigio, sferzato da vento, nubi ed arcobaleni. Nemmeno i FALCHI PELLEGRINI e i CORVI IMPERIALI ormai sembrano dominarlo. 

Ogni tanto compaiono un GHEPPIO uno SPARVIERE o una POIANA, mentre gli ultimi strascichi di FALCHI DI PALUDE e FALCHI PECCHIAIOLI (quei dannati immaturi che in una buona percentuale vengono scambiati per chissà quale altra specie, dal Nibbio bruno al Falco giocoliere) lasciano punteggiature sparse sulla scia della migrazione. 


La Migrazione.
Ci
soffermiamo a domandare ai singoli PIGLIAMOSCHE, CULBIANCHI e PRISPOLONI se la conoscano. Ci guardano perplessi. “Di cosa state parlando?” 



Non lo chiediamo agli Stiaccini, che non troviamo, sebbene la STIACCINA sia una specialità dell’isola. 

Eppure tra i cespugli si nascondono segreti che solo la sventura riesce a rivelarci. Che per un istante, per un dannato istante, ci rivela il nascondiglio dell’unico USIGNOLO (dalla prima primaria troppo lunga) rinvenuto sull’isola, impattato probabilmente da pochi attimi a bordo strada. Per la sua salvezza, avremmo preferito non svelare il suo mistero esistenziale. 

Mistero che coinvolge anche un’altra specie. Perché quando il Pulotto decide di appartarsi per espletare le sue religiose funzioni sceglie sempre dei luoghi mistici. E così trova due nidi praticamente intatti di RONDINE ROSSICCIA, apparentemente riadattati di fresco. E la curiosità allora ci spinge ad indagare anche sotto il ponte successivo. Dove di nidi ne troviamo addirittura quattro, tre più antichi ed uno più recente. Solo che ad approfondire postuma la ricerca (su ornitho) scopriamo che questi stessi ultimi quattro nidi sono presenti (probabilmente nelle medesime condizioni) già dal 2013. Ma noi ci auguriamo che le graziose ospiti continuino ad utilizzarli, almeno quelli ancora integri (consideratele foto "ai nidi" e non foto "al nido", vuoti sono vuoti).




E quindi? D’accordo, l’isola è meravigliosa, nel suo universo di ambienti e panorami (le foto belle, in tutto il post, sono di Pulotto, delle altre non vi dico l'autore). 






Ma a quel bolide stellare che a metà settimana nella notte buia (scarseggiano le luci sulle strade, sappiatelo) attraversa il cielo illuminandolo per diversi secondi avremmo espresso il desiderio di trovarla abitata da una popolazione sfarfallante, vocifera e variopinta. Le potenzialità ci sono, forse un giorno scopriremo le ragioni che non permettono di renderle reali. Non ci tocca che ingoiare anche questo rospo. Anzi no, fotografiamolo e basta. Non si sa mai che a qualcuno venga in mente di baciarlo. 

E niente, questa era la storia che in sostanza non avevo da raccontarvi. Ci abbiamo provato anche stavolta. Verrà la volta che ci riusciremo. E quella volta magari sarete insieme a noi.


Qui sotto, il Menù servito sull’Isola.

(Anatra muta “selvaggia”)

  1. ALZAVOLA
  2. Germano reale
  3. Fagiano comune
  4. Berta maggiore
  5. Berta minore
  6. Marangone dal ciuffo
  7. Airone guardabuoi
  8. Garzetta
  9. Airone cenerino
  10. Falco pecchiaiolo
  11. NIBBIO REALE
  12. Falco di palude
  13. Sparviere
  14. Poiana
  15. Gheppio
  16. Lodolaio
  17. FALCO DELLA REGINA
  18. Falco pellegrino
  19. Porciglione
  20. Gallinella d’acqua
  21. GRU
  22. Piro piro piccolo
  23. GABBIANO CORSO
  24. Gabbiano reale
  25. Piccione domestico (e Piccione “selvaggio”)
  26. COLOMBELLA
  27. COLOMBACCIO
  28. Tortora dal collare
  29. Assiolo
  30. Civetta
  31. RONDONE PALLIDO
  32. Rondone maggiore
  33. Martin pescatore
  34. TOPINO
  35. Rondine
  36. Balestruccio

(RONDINE ROSSICCIA, nidi)

  1. Prispolone
  2. Cutrettola
  3. Ballerina gialla
  4. Ballerina bianca
  5. Scricciolo
  6. Pettirosso
  7. USIGNOLO (R.I.P.)
  8. Codirosso comune
  9. Saltimpalo
  10. Culbianco
  11. Passero solitario
  12. Merlo
  13. Usignolo di fiume
  14. Beccamoschino
  15. MAGNANINA SARDA
  16. Capinera
  17. Beccafico
  18. Magnanina comune
  19. Sterpazzolina di Moltoni (e Sterpazzolina sp.)
  20. Occhiocotto
  21. Luì piccolo
  22. Luì grosso

(Phylloscopus indet., mannaggia a Luì)

  1. Fiorrancino
  2. Pigliamosche
  3. Codibugnolo
  4. Cinciarella
  5. Cinciallegra
  6. Gazza
  7. Taccola
  8. Cornacchia grigia
  9. Corvo imperiale
  10. Storno
  11. Passera d’Italia
  12. Passera mattugia
  13. Fringuello
  14. Verzellino
  15. VENTURONE CORSO
  16. Verdone
  17. Cardellino
  18. Zigolo nero
    Cinghiale
    Muflone
    Lepre comune
    Cetaceo indet. (probabili tursiopi)
    Chirotteri indet. (numerosi di varie forme e dimensioni)

    Rospo comune
    Lucertolame vario
    
    Farfallame e libellulame 

1 commento:

  1. Questo modo di raccontare la "delusione" a me pare molto intrigante e coinvolgente.
    Complimenti
    Alfio Sala

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