In questo mese la voce di Tringa
si è affievolita, a tratti ammutolendosi del tutto. Non sempre un respiro
profondo è stato sufficiente a ridare fiato alle stremate sensazioni, soffocate
dai pensieri, dalle preoccupazioni, dalla frustrante consapevolezza di
percorrere costantemente ed inevitabilmente il versante impervio in ogni
situazione, per non cedere alla facile ed accattivante tentazione di
assecondare il comodo ed appagante compromesso dell’auto-giustificazione
personale, a discapito del resto. O forse, più semplicemente, tutte le energie residue
sono affondate, travolte dalla spossatezza, dal caldo, dall’afa. E dal fango.
Non meravigliatevi dunque
stavolta se le parole stenteranno a presentarsi con la solita fluidità e
scorrevolezza. Le dovremo recuperare con le pinze dai nascondigli in cui sono
andate a rintanarsi, cercando di non danneggiarle oltremisura nel tentativo di
riportarle alla luce. Ma già sappiamo che sarà un’operazione complicata, non
priva di rischi e visibilmente lesta alle storture.
In mezzo a queste sconfinate
tenebre, avremmo anche potuto lasciarci condurre dalla Luce. Quella Luce rassicurante
e ragionevole che quotidianamente ci stimola ad aprire gli occhi e tenerli
aperti, davanti allo specchio della nostra fragilità, delle nostre debolezze,
delle nostre illusioni e dei nostri inganni. Ma anche stavolta gli occhi sono
rimasti chiusi davanti a quello specchio, lasciandosi sfuggire l’ennesima
occasione di seguire la Luce
guida, rimasta appesa nel cielo, sconfortata, destinata ad allontanarsi ormai per
sempre, con il suo cuore avvolto da un indissolubile scudo di ghiaccio.
Foto di Skody |
E allora dovremo accontentarci di
raccontarvi piccoli aneddoti, andando a ripescare altrove le parole per narrarveli.
Non troppo distante. In quella stessa Stagione Calda che il mese scorso vi
abbiamo presentato. Per esempio, a pagina 289, in compagnia dell’AVERLA
CAPIROSSA.
“Alcune nidificazioni riportate
in letteratura in territorio regionale e la fenologia della specie in contesti
territoriali confinanti lasciano ipotizzare che singole coppie possano
riprodursi irregolarmente in ambito provinciale, in particolare in ambiente
magredile con caratteristiche variabili, dall’argine del greto fluviale al
magredo evoluto.”
Così, a distanza di quasi trent’anni
da quel 1993 in
cui Paolo Utmar l’aveva trovata indaffarata a riprodursi, l’AVERLA CAPIROSSA è
tornata ad insediarsi praticamente nel medesimo fazzoletto di terra. Anzi, di
prato. Lasceremo che a raccontare le sue vicende siano gli occhi, le parole, le
foto di chi in queste settimane ha avuto la passione di seguirla, se e quando lo
vorranno. E ci diranno se ha trascorso l’estate da sola o in compagnia, se era apprensiva
o spensierata, se frequentava compagnie promiscue con motivazione o solo per
casualità, con l'opportuna documentazione… Noi ci limiteremo a mostrarvi qualche foto e qualche video. Ma non
lasciatevi ingannare. Gli occhi a volte vedono ciò che vogliono vedere. E l’interpretazione
umana non sempre corrisponde alla realtà.
Non sempre. Ma qualche volta sì.
Così, se andiamo a curiosare a pagina 39, dove pisola sornione l’amico
MORIGLIONE, rischiamo di incappare in queste frasi.
“Interessanti invece le ripetute
osservazioni di soggetti singoli o piccoli gruppi nel mese di luglio 2018 (OV) presso
il lago di Cavazzo, dove la specie compare regolarmente a partire da agosto per
poi intrattenersi per tutto l’autunno e l’inverno. Al momento non sono note
nidificazioni accertate nel sito, ma le riproduzioni di moretta e svasso
piccolo lasciano ben sperare.”
Bastava aspettare qualche
settimana. Davvero, solo qualche settimana. Perché queste parole si
avverassero. Un sorriso sereno accompagna la mamma Morigliona e i suoi due
pulli nella navigazione attraverso le acque del lago.
Così, speranzosi, ci dirigiamo
verso pagina 72, dove veleggia la CICOGNA
NERA , che anche in questo mese è in cerca di celebrità. Non
tanto per PUMBA (questo è il suo soprannome, cit. Orsetti), ovvero l’esemplare
che ormai da settimane gironzola (confidiamo indisturbato) tra gli abitati di
Tarcento, Nimis, Attimis e le loro selvagge pertinenze.
Foto di Sara Vezzaro |
Quanto piuttosto per
quella costante presenza nell’estremo angolino a nord est.
“Osservata regolarmente in
periodo migratorio, in numeri esigui e fluttuanti a seconda degli anni, con un
incremento recente delle segnalazioni dovuto probabilmente ad un ampliamento
dell’areale riproduttivo in Europa al confine con la nostra regione, tanto che
non si esclude che alcuni individui possano riprodursi negli ambienti idonei
con acquitrini, torbiere, foreste umide poco distanti da pareti rocciose nel
tarvisiano, dove praticamente ogni estate viene registrata la comparsa di
soggetti in sorvolo sui centri abitati o in alimentazione lungo i corsi d’acqua,
occasionalmente presenti per più giorni nello stesso sito (OV).”
Ed ecco allora un altro sorriso,
quando Renato Pontarini ci comunica l’osservazione di una coppia in volteggio nel
cielo in prossimità di Fusine. Loro ci sono anche quest’anno. Ovunque abbiano
preso casa nel contesto dei tre confini, la loro presenza è una gradita
conferma. Piccole briciole della “Stagione Calda”, per tutti coloro che saranno
in grado di apprezzarla.
Foto di Renato Pontarini |
Foto di Renato Pontarini |
Infine, per restare in tema di
citazioni, domani, primo agosto, ricorre il decimo anniversario di un episodio
a suo modo emblematico, avvenuto durante una delle innumerevoli e sconsiderate peregrinazioni
esplorative di raccolta dati per l’atlante degli uccelli nidificanti del FVG,
iniziata a notte fonda e terminata, fortunosamente, nella notte successiva,
un’avventura sconosciuta ai più, e dimenticata dagli altri, che ha
inevitabilmente trasformato il rapporto futuro con la montagna, senza frenare
tuttavia la volontà di spingersi avanti, un passo alla volta, a conquistare
l’ignoto. Queste parole, riesumate per l’occasione ma mai così attuali, sono la
testimonianza di quanto vissuto in prima persona, pur di portare a compimento quella che alcuni di noi a quel tempo consideravano una missione, a differenza di chi, oggi, la cavalca, volutamente ignaro, in differita. Per quanto poetico ed irreale
possa sembrare, sono costretto a confessarvi che tutto ciò che è scritto è veritiero.
Comprese le foto originali di quel giorno.
Dicono che
quando tocchi davvero il fondo
Quando ti
guardi intorno ed all'inizio vedi solo buio
Ma un po' alla
volta noti estrema la desolazione circostante
Solo materia
inanimata senza conforto e senza appiglio
E l'unica esile
mano tesa è la tua, protesa verso il nulla,
Dicono che
nonostante tutto vale la pena insistere
Prendere fiato
a pieni polmoni, alzarsi e ripartire.
Dicono.
Solo che il
fondo, chiaramente,
Devi riuscire a
toccarlo.
E qualche
volta, prima di poterlo fare,
Convinto che il
destino te lo concederà,
Vieni invece a
trovarti sull'orlo del baratro.
Sotto di te si
spalanca il futuro,
Quel vuoto
senza alcuna prospettiva,
E dietro di te
solo l'istante passato,
L'ultima
alternativa sfuggita di mano.
Toccare il
fondo, da qui,
Significa
schiantarsi.
Dicano quel che
dicano.
Così, seduto in
bilico sul precipizio,
Prima di
lasciarti andare agli eventi,
Prima ancora di
interrogarti sulla vita,
Prima di
ripensare al tuo percorso,
Prima di
concederti ai saluti,
Ti domandi se
hai paura.
Dicono che le
parole sono leste a mentire,
Dicono che gli
occhi ed il cuore no.
Dicono.
A parole.
Quindi lesti a
mentire.
Ma decidi di
fidarti.
Interroghi il
tuo cuore.
Una mano sul
polso,
Un battito alla
volta.
E il cuore ti
risponde “No”.
Scandisce ogni
colpo lentamente,
E la sua
risposta è chiara,
Nemmeno
stavolta ti salverà la paura.
Allora
spalanchi gli occhi,
Ti guardi
intorno,
Ti metti in
ascolto,
Cerchi un
aiuto.
Ma sei in
trappola in un fermo immagine.
Solo crepitii,
suoni sconnessi, voci distanti.
Al solitario
centro di questo sperduto abbandono
Interroghi
senza rimedio il cielo con un dito.
Ed il cielo,
come al solito a suo modo, risponde.
Anche a
ciondoloni sul bordo dell'abisso.
E la sua
risposta è come una farfalla nera
Che percorre la
tua mano lungo la linea della vita
Rivelando così
di conoscerti da sempre
Di averti
seguito ad ogni curva del sentiero
Angelo
invisibile a vegliare sul tuo cuore
Tanto più ora
che le tenebre avanzano
E l'abisso
sotto di te si fa più cupo.
E con la sua
silenziosa delicata carezza
Ti sussurra che
è pronta a venire con te
Pronta ad
affrontare l'ultimo passo
Ovunque ti
porti.
Attraverso il
suo tocco
La verità del
cielo prende forma.
Ormai sei
pronto a concederti all'ultimo volo
Un vento forte
scuote ogni fibra del tuo corpo
Un tremito
incontrollato ti percorre
Un frastuono ti
sovrasta...
E' arrivato
l'elicottero dei soccorsi.
Un verricello
si cala.
Ti portano via.
Rio dell'Acqua
(fuori sentiero) - Col Gentile
1 agosto 2010,
ore 20.45.
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