Abbiamo
un’unica strategia per salvarci. Respirare a fondo e sorridere. Fare una breve
pausa e poi di nuovo. Respirare a fondo e sorridere. La serenità ha un valore
immenso pari, forse, a quello della vita stessa, ma ci ostiniamo a considerarla
un miraggio. Eppure, a volte o quasi sempre, basterebbe davvero così poco... Invece
ci sforziamo di dare un senso alla nostra esistenza, cercando quotidianamente
un posto al sole per il nostro ego, senza pensare che abbiamo questo enorme
privilegio, quasi sempre davvero, di poterci fermare, per una piccola pausa,
respirare a fondo (finché ci è dato ancora di poterlo fare) e sorridere.
Sorridere. E’ così difficile? Sorridere, rinunciando per un attimo a tutta
l’importanza che ci diamo. Sorridere. Senza un vero motivo che non sia,
semplicemente, farlo. Come se questo fosse l’unico istante in cui ha senso
farlo. Per sentirsi ancora vivi. L’ultimo istante, o il primo di mille altri.
Ecco. Un mondo di istanti in cui fermarsi e sorridere. Senza essere sempre di
fretta, sempre in mezzo, sempre al centro, sempre dentro, sempre io, io, io. In
quel caso, concedetecelo, l’unica via di fuga resta il salto della quaglia.

Il salto della Quaglia - Foto di Simone Scognamiglio
Che
poi, non che sia davvero una via di fuga efficace, almeno per le quaglie
(sperdute quassù) intendo, soprattutto in questo periodo dell’anno, anzi.
Potrebbe essere tranquillamente il loro ultimo salto. Da un lato, sulla piatta
Terra, razzolano gli umani che la vorrebbero nel piatto. Dall’altro lato,
quello a calotta sferica del Cielo, c’è un’intera schiera di formidabili
predatori alati. Alcuni apparentemente più goffi e buffi, come la Poiana
pagliaccio, che torna puntuale a trovarci ogni anno facendo sfigurare tutte le
sue consorelle, o il truccatissimo Gufo di palude, che con tutto quel mascara
percolante pare indossare gli abiti della sua controfigura africana.

Poiana pagliaccio - Foto di Bruno Delbianco 
Poiana in posa - Foto di Luca Rossi 
Poiana in fuga (da Cornacchia) - Foto di Ivano Candon 
Il miraggio del Gufo di Palude - Foto di Bruno Delbianco
Ci
sono quelli fulminei e diabolici come lo Sparviere, il Falco pellegrino e il
fantomatico e leggendario Smeriglio, di cui si narrano le gesta epiche solo
oralmente, perché furtivamente schiva le macchine da presa, sempre che vogliate
dar credito alle chiacchiere da bar-dwatcher.

Falco pellegrino - Foto di Bruno Delbianco 
Sparviere - Foto di Bruno Delbianco 
Sparviere - Foto di Simone Scognamiglio
Ci
sono anche quelli angeli leggiadri in chiaro-scuro, che si mescolano e si
confondono, dando origine a sfumati e pallidi miraggi, che prendono consistenza
solo a distanza di giorni materializzandosi altrove rispetto al punto in cui li
abbiamo immaginati.

Albanella reale - Foto di Luca Rossi 
Oscuro Falco di Palude - Foto di Bruno Delbianco 
Circo di Circus - Foto di Bruno Delbianco 
Albanella reale - Foto di Simone Scognamiglio 
Albanella reale - Foto e video di Ivano Candon
Insomma,
dal Sacro al profano ci sono praticamente tutti. Se non fosse che il Sacro,
come molto spesso accade, sono davvero in pochi a vederlo con i propri occhi,
mentre agli altri di noi, penitenti, non resta alternativa che continuare a
immaginarlo con gli occhi della fantasia.

Immagine Sacra del Sacro - Foto di Andrea Zappia
Con
gli stessi occhi della fantasia con cui qualcuno, ormai quasi vent’anni fa,
dava forma sulla carta ai suoi desideri. O alle sue visioni?

Realtà o immaginazione [trova il Lapponia] - Foto di Stefano Sava
La
memoria confonde a tal punto i ricordi che in un istante potremmo già aver
smarrito ogni nostra certezza. Verba
volant, scripta manent? Chissà. La verità è che anche gli uccelli volano e
se ne vanno in un istante. E non sempre qualcosa di documentato rimane davvero.
Non sempre si fa in tempo a scattare un’immagine (Sacra), per immortalare
l’ultimo (lo sarà davvero?) salto della (non) quaglia. Ma a volte sì.

Il salto del Calandro maggiore - Foto di Luca Rossi
Prendiamoci
una pausa allora. Per respirare a fondo, sorridere e mettere insieme i
tasselli. Il salto della (non) quaglia. Gli uccelli che passano e vanno (senza
documentazione?). Le visioni dei nostri desideri sulla carta e quelle nei
nostri pensieri (se volete, chiamatele “evocazioni”… riguardo però alla specie
nella didascalia della foto forse un giorno ve ne parlerà qualcun altro…).

Evocando Codazzurri (Cit.) - Foto di Matteo Skodler
Prendiamoci
una pausa anche per ricordarci che il 15 novembre inizia la Stagione Fredda e
prima che venga la neve e ogni luogo recondito diventi inaccessibile è il caso
che qualcuno si sacrifichi per raggiungere tutti gli angoli remoti di questo
Pianeta chiamato FVG per riempire le caselle ancora vuote. Sapendo che le ore,
in quei luoghi dimenticati dal Sacro e dagli uomini, trascorreranno
inevitabilmente in un disarmante silenzio, sfibrando irrimediabilmente la
resistenza dei più ostinati esploratori. Così, in uno di questi giorni, uggioso
e malinconico più degli altri, il 20 novembre, a metà del pomeriggio lo
sconforto è tale da costringerci a dirigere i nostri passi verso luoghi meno
abominevoli e isolati, giusto il tempo di una pausa. Una pausa per capire se,
per caso, i prati del Dandolo di Maniago (Pn) sono riusciti a convincere gli
accidentali ospiti di ottobre (leggi CALANDRI MAGGIORI) a fermarsi fino al
sopraggiungere della Stagione Fredda. Una pausa a camminare, trascinando i
piedi nell’erba umida, assorti nei propri pensieri, senza grosse aspettative a
dire il vero. Ma con uno strano pensiero, nato per caso. Una sorta di
reminiscenza appartenente a un passato dimenticato. Di una creatura
straordinaria osservata da Pier poco distante. Anzi due. Perché ci sarebbe
sempre quel desiderio velato di ritrovare, prima o poi, un Nibbio bianco (che
ultimamente compare ovunque, tranne qui). Ma concentriamoci sull’altra
creatura. Un minuto ospite delle terre lapponi. Era il 19 novembre 2021.
Neanche a farlo a posta.
https://www.ornitho.it/index.php?m_id=54&id=20334918
Ad
ogni modo, sul momento non ci facciamo caso. Come non facciamo caso, almeno
inizialmente, a quell’insolito verso che si insinua nel bel mezzo dei nostri
confusi pensieri. Però insiste. Proviene da lontano, da un cielo lontano,
lontanissimo, sperduto nell’Universo di Babbo Natale. Ma si avvicina. Premiamo
un tasto fittizio sullo schermo del telefono e intanto la piccola creatura
volante si avvicina, ci sorvola e si allontana (per sempre?). Sul telefono
resta memorizzato quello strano verso.
https://www.ornitho.it/index.php?m_id=54&id=28564428
Non
assomiglia a niente di quanto ritroviamo conservato nella confusionaria
scaffalatura della memoria. Eppure c’è quella stravagante reminiscenza… La
registrazione però non corrisponde apparentemente ai vocalizzi lapponi proposti
dalla discografia disponibile. Tocca ampliare il catalogo. In parallelo partono
gli approfondimenti su xeno canto, le consulenze (grazie ad Andrè, OJ e Giuss)
e la condivisione in tempo reale del “dubbio”. Lo spiazzamento iniziale trova rapidamente
e inaspettatamente alcune corrispondenze (ma ti pare che un accidentale si
manifesti con un vocalizzo insolito e che venga sgamato così banalmente in
pochi minuti?).
https://xeno-canto.org/1009215
Eppure,
quello che era solo un pensiero improbabile si concretizza. Nonostante il
richiamo non convenzionale, la visione sonora prende forma. E la creatura un
nome. ZIGOLO DELLA LAPPONIA! La giornata uggiosa resta uggiosa, ma lo spazio
tempo si deforma in un impercettibile sorriso. Una frazione di secondo, o poco
più, per sorridere. Il sorriso vero e più grande sarebbe quello di riuscire a
condividerlo con gli altri. Perché sono episodi simili che rendono
straordinarie le nostre esperienze e condividerle con chi è animato dalla
stessa passione le rende uniche. La condivisione (in tempo reale) è un dono.
Che il (fragile) ospite arrivi dalla Lapponia o dalla Coda delle Terre Azzurre
della sconfinata Taiga sarebbe meraviglioso che il suo arrivo potesse essere un
dono per tutti… Respiriamo a fondo e sorridiamo? Luca arriva in pochi minuti.
Lo Zigolo è svanito, ma non le nostre speranze. Camminiamo, camminiamo,
camminiamo. Controlliamo dietro ad ogni stelo d’erba. Sotto gli occhi perplessi
e sbalorditi delle altre creature.

Caprioli perplessi - Foto di Luca Rossi
Alla
fine la stanchezza prevale. Torniamo verso l’auto per un ultimo tentativo.
Mancano solo due passi per mettere la parola fine a questa avventura. Solo due
passi. Il primo dei due (passi), come fosse il battito d’ali di una farfalla
che scatena un uragano, nel momento esatto in cui si compie riempie l’aria con
uno strano suono. Ricorda il verso di un passero dopato. E una creatura balza
in aria. Non quaglia con (il salto del)la quaglia, ma con quello della creatura
che (inizialmente) eravamo venuti a cercare. Un CALANDRO MAGGIORE. Vola vola
vola e poi si posa lontano lontano. Possibile che sia uno di quelli stanati ad
ottobre? Possibile che sia qui, nello stesso metro quadro d’erba, da oltre un
mese? Chissà. Si è nascosto così bene per tutto questo tempo. Senza l’arrivo di
Luca il suo segreto sarebbe rimasto tale.

Un altro salto del Calandro Maggiore - Foto di Luca Rossi
Piccole
emozioni condivise. Piccoli regali di Natale in anticipo per addobbare l’albero
dei nostri sorrisi. Possiamo aggiungere ancora qualche addobbo, cosa ne dite?
Alcuni sono pronti così, tinti di bianco niveo, solo da far danzare insieme
alle luci.

Codibugnolo testabianca - Foto di Simone Scognamiglio 
Codibugnolo testabianca - Foto di Simone Scognamiglio
Altri,
meno candidi e brillanti ma pur sempre viaggiatori d’altri mondi, aggiungono un
insolito (e poco melodico) rintocco sonoro alle nostre decorazioni.
Ciuffolotto pronto a suonare la sua Tromba
Ognuno
però è libero di immaginare il suo albero in base alla propria predisposizione
artistica, stilistica ed emotiva. Per esempio, l’albero di Paolo è debitamente
ambientato, con un adorno blu azzurro su una chioma ventosa a scia di cometa.
L'albero di Paolo e il Passero solitario - Foto di Paolo Utmar
L’albero
di Silvano è minimalista, realizzato da un noto ginnasta acrobatico dei cieli,
ospite tardivo di queste nostre nordità.
L'albero della Rondine rossiccia - Foto di Silvano Candotto
L’albero
di Bruno è una palizzata rivestita i rete trasparente con una vanitosa e
colorata stella a brillare sulla punta, mentre quello dello scorso anno viene
rapidamente smantellato dall’apposito addetto della filiera del legno morto.

La stella del Martin pescatore - Foto di Bruno Delbianco 
Il Picchio nero e l'albero dismesso - Foto di Bruno Delbianco
Gli
alberi di Pietro e Simone sono ancora alla fase preliminare, in elaborazione.
Stanno valutando una proroga fino al 25 dicembre per apportare eventuali
migliorie all’intera struttura. Nel frattempo giostrano i pendagli a
disposizione in variabili rappresentazioni.

Addobbo Pendolino - Foto di Pietro Zamò 
Addobbo Saltimpalo - Foto di Pietro Zamò 
Addobbo Migliarino di palude - Foto di Simone Scognamiglio 
Addobbo Fanello - Foto di Simone Scognamiglio
Che
poi, non ci sono solo gli alberi. Le decorazioni, inevitabilmente, coinvolgono
tutto quello che ci circonda. Piccole luci bianche compaiono sui cavi
dondolanti lungo le vie.

Addobbo Averla maggiore - Foto di Simone Scognamiglio 
Addobbo Averla maggiore - Foto di Simone Scognamiglio
Sui
muri delle case, piccole ombre di colori e sfumature donano nuove tonalità a uno smunto grigiore.
Muro addobbato di Marangoni dal ciuffo - Foto di Paolo Utmar 
Muretto con Merlo acquaiolo - Foto di Bruno Delbianco Muratura in pietra e Picchio muraiolo
Le
strade e le vie d’acqua si affollano (si fa per dire) di solitari, incuriositi
e timidi passanti, attirati da queste inattese novità.

La lunga strada della Salamandra pezzata - Foto di Bruno Delbianco 
Codirosso spazzacamino, il primo della fila - Foto di Simone Scognamiglio Strolaga minore curiosa di qua - Foto di Paolo Utmar 
Strolaga minore curiosa di là - Foto di Bruno Delbianco 
Sferzate tra Smergo minore e Svasso maggiore - Foto di Simone Scognamiglio
Si
affollano, magari non le strade, ma si affollano davvero alcuni localizzati
punti di ritrovo. In fondo è la stagione delle feste e delle festività. [Video di Skody]
E
a noi non resta che dedicarci al gioco di società del momento. Il gioco dell’Oca.
Quello in cui, in mezzo alla calca e alla folla, dobbiamo essere in grado di
trovare l’intruso.
Trova l'Oca collorosso (facile) - Foto di Silvano Candotto 
Trova l'Oca lombardella minore (impegnativo) - Foto di Pietro Zamò Trova l'Oca granaiola (versione Demo) - Foto di Silvano Candotto 
Trova l'Oca granaiola (versione Professional) - Foto di Matteo Skodler
Il
bello di questo gioco è che talvolta l’intruso non è affatto un intruso. Magari
fa di tutto per sembrare un intruso. E riesce a metterci in estrema difficoltà.
O magari è davvero un intruso doppiogiochista? Vai tu a capire i travestimenti
di queste spie venute dal freddo…
Oca lombardella "intermedia" (l'occhio inganna) - Foto di Angelo Formentin Oca lombarella "beccogrigio" (vs granaiola senza glutine) - Foto di Angelo Formentin
A
volte l’intruso è davvero un intruso, ma non è un’oca, anche se il contesto
ambientale è molto simile. Ma il gioco funziona ugualmente.
Trova le Pesciaiole nella mischia - Foto di Angelo Formentin 
Trova gli intrusi germanici tra i Fischioni - Foto di Simone Scognamiglio
Una
parola in più su questi assembramenti pre-natalizi. Ci sono sempre stati, è
vero. Ma non tutti i partecipanti sono presenze consolidate. Un pochino come
alle tradizionali Feste dei Nodi Tringa.
https://tringa-fvg.blogspot.com/2025/11/festa-dei-nodi-2025-nel-regno-di.html
O
meglio, ormai possiamo dire che alcuni lo sono, ma soltanto da pochi anni
davvero, anche se qualcuno di noi potrebbe pensare che (per esempio, i
Fenicotteri) ci siano sempre stati. Negli ultimi dieci anni, in effetti, ci
sono (quasi) sempre stati.
Fenicottero ssp. Lisertii - Foto di Paolo Utmar 
Fenicottero ssp. sgocciolante - Foto di Simone Scognamiglio
E
quei loschi individui bianchi e neri dallo smisurato becco ricurvo che oggi
presidiano campi, canalette, pozze e stagni, da quanto tempo partecipano alle
festività invernali in numeri così esorbitanti (leggi centinaia)? [Ps No, l’anello
non è / era leggibile]
Ibis sacro invasore - Foto di Paolo Utmar
In
effetti, abbiamo forse lo strumento adatto per dirvelo. Avete presente tutte
quelle insulse pubblicazioni che anno dopo anno cerchiamo di sfornare in tempo
reale per condividere la conoscenza cangiante che da un anno all’altro muta come
se non esistesse un domani? Tutte quelle pubblicazioni che trovate,
gratuitamente scaricabili, nella colonna a destra di questa pagina blog (tre
edizioni della Stagione Fredda in provincia di Udine, due della Stagione Calda,
i due atlanti comunali di Udine e le avventure della Spiaggia del Fratino),
alcune ancora disponibili in formato cartaceo. Ecco, grazie a tutte queste
insulse pubblicazioni realizzate nell’arco di una decina di anni possiamo
rispondere a questa domanda. Qui sotto trovate le pagine dedicate all’IBIS
SACRO rispettivamente nelle varie edizioni della Stagione Fredda (2017, 2020,
2023). Che poi, per essere precisi, non è l’anno di pubblicazione che ha
davvero valore, quanto gli anni di raccolta dati. Perché un lavoro può essere
tanto recente (come pubblicazione) quanto datato (come raccolta dati). Meglio
definire i periodi: 2013-2016, 2013-2019, 2013-2023. Non vi chiediamo di
leggere il testo (solo ai più audaci), credo sia sufficiente dare uno sguardo
alle mappe di distribuzione. Le differenze non sono dovute a un diverso sforzo
d’indagine, ma semplicemente all’effetto della “progressiva e costante”
colonizzazione del nostro territorio.

Stagione Fredda 2013-2016 
Stagione Fredda 2013-2019 
Stagione Fredda 2013-2023
E
una domanda si pone, al solito, in queste situazioni. Vale la pena davvero dedicare
(inefficaci) risorse belliche per combattere contro l’invasore (sapendo, a
priori, di non essere nemmeno tutti sulla stessa barca, sempre che si combatta
da una barca)? Esiste realmente un’unica retta via che ci conduca attraverso l’oscurità
calante?

La retta via nell'oscurità - Foto di Matteo Skodler
Le
orde del nemico ormai sono alle porte. Siamo circondati. Contingenti di nere
creature ci assalgono da ogni fronte. E noi giochiamo ancora al nostro
tradizionale gioco. Non più oche, ma ancora intrusi. Dal Corvo comune non così
comune alla Cornacchia nera rarità triestina, fino a stanare quella che
potremmo sbilanciarsi a definire Taccola orientale?

Corvo comune - Foto di Pietro Zamò 
Cornacchia nera triestina - Foto di Stefano Sava 
Taccola orientale (?) - Foto di Tommaso Zamò 
Taccola orientale (?) - Foto di Pietro Zamò
Ma
in fondo è solo un gioco, dare i nomi alle cose, o no? Come il nostro quiz
mensile, una settimana per dare un nome alle cose che si nascondono alla vista
(sul numero potete provare a sbilanciarvi, ma solo con la fantasia).
Foto Quiz - Foto di Angelo Formentin
Se
poi siete dei veri appassionati del “Dare un nome alle cose” allora abbiamo un
gioco per voi, senza limiti di tempo. Vi doniamo una carrellata di scatti che
il viaggiatore Pulotto ha raccolto nel suo viaggio esplorativo in Etiopia; in
cambio, se volete, potete donare le vostre risposte (corrette) direttamente a
pulotto chiocciolina gmail.com.
1... - Foto di Pulotto 2... - Foto di Pulotto 3... - Foto di Pulotto 4... - Foto di Pulotto 5... - Foto di Pulotto 6... - Foto di Pulotto 7... - Foto di Pulotto
8... - Foto di Pulotto 9... - Foto di Pulotto 10... - Foto di Pulotto 11... - Foto di Pulotto 12... - Foto di Pulotto 13... - Foto di Pulotto 14... - Foto di Pulotto 15... - Foto di Pulotto 16... - Foto di Pulotto 17... - Foto di Pulotto 18... - Foto di Pulotto
19... - Foto di Pulotto 20... - Foto di Pulotto 21... - Foto di Pulotto 22... - Foto di Pulotto 23... - Foto di Pulotto 24... - Foto di Pulotto 25... - Foto di Pulotto 26... - Foto di Pulotto 27... - Foto di Pulotto 28... - Foto di Pulotto 29... - Foto di Pulotto
30... - Foto di Pulotto 31... - Foto di Pulotto 32... - Foto di Pulotto 33... - Foto di Pulotto 34... - Foto di Pulotto
In
premio, per tutti i partecipanti (e non), uno scatto riassuntivo di quello che è stato
il nostro e vostro mese di Novembre. Insieme a un abbraccio caldo, un respiro profondo, un sorriso e un invito (o più di uno...)

