giovedì 8 novembre 2018

Album 'PICIDAE 2018'


Domenica  4 Novembre decido di giocare le ultime carte di quest'anno per cercare un Picchio Tridattilo nelle nostre montagne friulane. Visto che i miei precedenti tentativi si sono rivelati inutili e senza risultati evidenti sfido nuovamente il 'picide' affinché si palesi al mio Vixen 8x42.
Sarebbe bello completare la famiglia di picchi presenti in FVG in un anno.. non posso farmi sfuggire questa occasione dati gli avvistamenti di Picchio Rosso Mezzano (vedi post precedente 'un inverno davvero mezzano') .
Molte le uscite in monte e di lui nemmeno un 'verso'.. Elusivo e spesso silenzioso, qualità che lo rendono ancora più prezioso. Sicuramente ero nei posti giusti, foreste di abete e larice, la quota era quella giusta... solo qualche possibile segno della sua nidificazione.
Foro perfettamente rotondo, degno del miglior compasso!
Boschi bellissimi quelli dal tarvisiano a Sappada, passando per la Carnia; qui regna sovrano il Cervo tra gli ungulati e il Gallo Cedrone tra i galliformi.


Ritorniamo a Domenica mattina. Lascio l'auto a bordo strada e salgo sul sentiero già battuto un paio di volte, anche con la neve di inizio anno. Il bosco è silenzioso, troppo. Mi rincuora solo un Picchio Nero che si sistema le piume al primo sole.

Manca il solito Picchio Rosso Maggiore che con il suo verso vuole sviarmi dal mio obbiettivo ma di lui nessuna traccia. Ad ogni passo in salita sento svanire in me l'ennesima possibilità di completare l'album 'Picidae 2018' .. sarà il mio pessimismo cosmico leopardiano ma la sensazione è forte.
Dalle più alte fronde gruppi di Rampichini Alpestri , Cince More, Cince dal Ciuffo, Cince Alpestri e Regoli scendono a farmi un po' di compagnia; scaldo un po' il binocolo e li cerco. Perso dentro ai loro richiami di gruppo riesco a intercettare un rumore diverso: sembra proprio un becchettare su un ramo.
Seguo silenziosamente questo suono e in 'punta di scarponi' arrivo sotto un vecchio larice.....




Non ci posso credere! Eccolo lì.. tra l'altro un bel maschio già tambureggiante.
La massima zen della Domenica quindi è : 'bisogna perdersi un po' per trovare ciò che cerchi!!'

Zamo' Gabriele











martedì 6 novembre 2018

I So' Lamento, Atto II - Le Miti Tremiti Tra Miti e Mitomani


Potete chiamarmi spauracchio, tranquilli, conto di fornirvene le prove.
Possiamo riprendere grossomodo da dove ci eravamo lasciati, con un tardivo traghetto in balia delle onde...


... in partenza da un isola prossima all'isolamento, mentre dall'alto della scogliera il PELLEGRINO guardiano dell'orizzonte si sincera che io davvero mi allontani...


... per seguire l'inesorabile CORSO degli immutabili eventi.


Quello che ancora vi manca da sapere, ma che immagino abbiate già intuito, è che nel frattempo ho perso tutte le coincidenze su rotaia prenotate per trasferirmi dal lato tirrenico al lato adriatico, per imbarcarmi nella seconda tappa di questa ostinata autunnale avventura, l'esplorazione delle famigerate Isole Tremiti (Fg) sulle quali contemporaneamente sta giungendo Pulotto, con mezzi di sbarco alternativi visto l'accanimento del mare anche in quel contesto, temibile avvisaglia delle mie prospettive future.
 
 
 
 
Con le risorse residue mi affido desolato ai trasporti che mi consegnano nottetempo alle alture di Campobasso (considerata la quota, un ossimoro più che una semplice città). L'alba uggiosa mi concede un barlume di fiducia in un universo burrascoso, assicurandomi una mezz'ora di anticipo sull'imbarco dell'aliscafo da Termoli (Cb).
 
 
Aliscafo che, contravvenendo a tutte le garanzie telefoniche della compiacente compagnia di viaggio, come il suo consimile Adriatico, ritiene impraticabile la tratta odierna e mi consegna ufficialmente alla permanenza forzata tra le mura di Termoli. Ci sarebbe l'alternativa elicotteresca da Foggia, ma a stento riesco a sollevarmi dal muretto sul quale il destino e la tenacia del vento in progressivo aumento mi hanno costretto a collassare.
 
 
Vago a piedi per ore, che diventeranno giorni, tra centro abitato, costa ed entroterra di un territorio a me totalmente sconosciuto alquanto avaro di regali, sebbene basti un RAMPICHINO COMUNE nel parco urbano a concedermi un sorriso, o due FISCHIONI rintanati a proteggersi dalle veementi folate in una putrida canaletta,
 
 
mentre sulle mura le TACCOLE si assicurano che io non compia insani gesti
 
 
e nel porto un GABBIANELLO supervisiona le attività di pescatori e naviganti,
 
 
mentre l'aliscafo costantemente ormeggiato pare ormai letargico, e il buon GIUSEPPE mi rintraccia casualmente e mi accompagna compassionevole nell'ultimo tratto del mio vagabondaggio.
 
 
Dalle isole intanto giungono dal Pulotto notizie ancor più drammatiche, di smottamenti cosmici, foreste sradicate, paesi volatilizzati nel nulla, spazzati da una leggerezza di vento insostenibile. A giustificare la costante assenza di avifauna di qualsiasi conformazione e categoria, fatta esclusione per i FRINGUELLI, talmente numerosi da invogliare l'erba assassina a farne facili prede.
 
 
 
 
Per quanto, nonostante lo sconquasso, lui confidi ancora nella Resurrezione (con la speranza che non cappelli).
 
 
Così, quando dopo tre giorni di forzato ritardo, nella tarda mattinata di martedì 30 ottobre riesco a indirizzare le mie forze superstiti verso il molo d'attracco dell'aliscafo, il fremito tremito che dovrebbe percorrermi è ormai quasi del tutto sopito, ma la rassegnazione trova conforto nell'accoglienza di Giusi, Elio e Arturo, che hanno ormai adottato ufficialmente il Pulotto.
 
 
Una tregua nel vento con il sole che sembra prendere coraggio, e tra i pini, i cespugli e i giardini piccole sparute sagome fanno capolino, tuttavia talmente rare che Ventotene a confronto lo ricordo come un Paradiso terrestre. E di nuovo a controllare ogni angolo della micro e della macrosfera tra cielo e terra, per regalarci, in mezzo al moderato svolazzo di FRINGUELLI e VERZELLINI sparigliati dalla contraerea degli SPARVIERI, un SALTIMPALO,
 
 
un PASSERO SOLITARIO,
 
 
tre ZIGOLI MUCIATTI...
 
 
con i CODIROSSI SPAZZACAMINO che sembrano comparire a tratti più numerosi, saltellando a prender fiato tra rocce e murature, prima dell'ultimo balzo,
 
 
e le TOTTAVILLE che incerte sul futuro si concedono perplesse allo sguardo dei passanti.
 
 
Nel cielo plumbeo vola radente la retroguardia dell'ultima squadriglia di RONDONI PALLIDI mentre sugli scogli all'ombra del faro
 
 
un'inferocita coppia di MARTIN PESCATORI sembra declamare il possesso dell'intera isola.
 
 
Il buio ci raggiunge prima che la giornata finisca, e come PASSERE SARDE al dormitorio tra le fronzute foglie di una palma, andiamo a confonderci con le ombre e i fantasmi che stancamente popolano ancora l'isola, confidando che il domani popoli di nuovi Tartari il deserto.
 
 
E come volatili umani, dal cielo ad elica sbarcano Marco e Fabrizio che lesti si adeguano al nostro modo di affrontare la desolazione, delirando.
 
 
Su San Nicola invochiamo gli Angeli (uno poi arriverà davvero, in Aliscafo)
 
 
e tutti i santi del Presepe (un Cristiano e un Giuseppe risponderanno alla chiamata) 
 
 
affinché trasformino almeno uno dei quattro STRILLOZZI in qualcosa di migliore, o minore.
 
 
E Padre Maronno (impersonato per l'occasione da Pulotto) incredibilmente ci ascolta e ci esaudisce, tanto da farlo letteralmente scomparire, altro che rimpicciolirlo soltanto. Per evitare che ne resti soltanto uno, rinunciamo alle nostre ulteriori preghiere. Scoraggiate dalla nostra presenza anche le capre sembrano desiderose di fuga, aggrappandosi ad un roccioso imbarco nell'attesa di un traghettatore tutto loro.
 
 
E abominevoli aberrazioni innaturali trasformano i lampioni in Istrici delle Isole.
 
 
Su San Domino frattanto, mentre le immagini del satellite regalano impressionanti apocalittici scenari italici, 
 
 
la folla si accalca, tra i soliti irriducibili e recidivi milanesi (convinti che come a Ventotene anche qui sia sempre domenica, seppure in un giovedì festivo; che poi effettivamente, sappiatelo, sabato e domenica su entrambe le isole, a settimane alterne, sono gli unici giorni buoni) e bande di (pure suonatori) pugliesi insieme a variegate conformazioni veneto anglo tedesche, la popolazione umana supera di gran lunga quella ornitica. Dovrei fare la loro check list completa, per salutarli tutti, ma mi concederò di invocarli univocamente come testimoni della concreta disfatta, al momento consono.
 
 
E di nuovo, le ore e i giorni trascorrono in uno sbandamento ormai demenziale, mentre qualcuno si trova l'aMantide,
 
 
 
qualcun altro viene additato per aver materializzato a suo piacimento il primo SMERIGLIO per le Isole Tremiti, qualcuno cerca conforto tra i Carmelitani 
 

 
prima che lo sconforto totale lo spinga a compiere pazzie dall'alto di uno strapiombante dirupo...
 
 
... e qualcuno  infine semplicemente si rassegna a contare le unghie dei GECHI.
 
 
Ad insaputa di (quasi) tutti comunque, io e Pulotto il nostro MEGA ce lo siamo fatto.
 
 
Giunge infine l'ultima notte, e nell'aria qualcosa davvero freme. Zippano i TORDI BOTTACCI, mentre i soliti mitomani millantano addirittura un TORDO SASSELLO (che sventuratamente poi dovranno ritrovarsi a confermare tutti), per non parlare della solitaria ALLODOLA. E allora che si fa? Appuntamento all'alba sul Colle dell'Eremita per salutare il nuovo giorno? Detto fatto. Così il nuovo giorno ci sberleffa con la sua insondabile cappa di nebbia.
 
 
Suvvia, non disperate miei prodi, nell'ora della mia dipartenza lo Scudo Antimigratorio si dissolverà, statene certi. E già qualche spiraglio si intravede.
 
 
Ci sarebbe ancora il tempo per quell'ignoto bigio oscuro (oradde) fraseggio, ma facciamo finta che no. E partiamo, in orario, stavolta, io e Pulotto. Ore 9.45 del 3 novembre, ricordate bene questo orario. Mentre sul molo se la ridono.
 
 
 
Tempo un accademico quarto d'ora, che l'aliscafo esca dalla rada, e nel cielo si scatenerà l'inferno. In senso buono. Ve l'ha già raccontato Marco, dalle 10.00 un'impressionante invasione di volatili di tutte le forme e dimensioni invade San Nicola, San Domino e Capraia. Impossibili da contare. Sbigottiti attraversano i frammenti dell'enorme Scudo che fino a poco prima impediva loro il transito. Questo è quanto si narra, imparziali testimoni già ve l'hanno raccontato, domandate pure a loro, confermeranno tutto. A me non resta che prenderne atto. Ora andrò a cercarmi le istruzioni di questo dannato marchingegno, per disintegrarlo. Anzi, approfitto subito per farvi un offerta irresistibile. Dono infallibile Scudo Antimigratorio. In cambio, chiedo solo un sorriso sereno, il vostro, mentre un pensiero bisbiglia sibillino nella mia testa vuota, ma tuttavia lo percepisco nitidamente, "Prossimavolta Stattenaccasa".
 
 
Un saluto e un abbraccio a tutti i testimoni, loro conoscono la Verità.
In coda, giusto per completezza, un miserrimo elenco.
 
1. Berta maggiore
2. Berta minore
3. Cormorano
4. Marangone dal ciuffo
5. Sparviere
6. Poiana
7. Gheppio
8. SMERIGLIO
9. Falco pellegrino
10. Gabbiano corallino
11.Gabbiano reale
12. Colombaccio
13. Tortora dal collare
14. Rondone pallido
15. Martin pescatore
16. Tottavilla
17. Allodola
18. Prispolone
19. Pispola
20. Ballerina bianca
21. Scricciolo
22. Passera scopaiola
23. Pettirosso
24. Codirosso spazzacamino
25. Saltimpalo
26. Passero solitario
27. Merlo
28. Tordo bottaccio
29. TORDO SASSELLO
30. Tordela
31. Capinera
32. Occhiocotto
33. Luì piccolo
34. Regolo
35. Fiorrancino
36. Cornacchia grigia
37. Storno
38. PASSERA SARDA
39. Passera d'Italia
40. Fringuello
41. Peppola
42. Verzellino
43. Verdone
44. Cardellino
45. Lucherino
46. Fanello
47. Frosone
48. Zigolo muciatto
49. Migliarino di palude
50. Strillozzo
 
 
 
 
 
 

I So' Lamento, Atto I - M'inVentotene la Leggenda della Migrazione

Si narra, e punto.
 
Proseguire oltre su quest'onda non mi è lecito né consentito. Tutto ciò che ora seguirà sarà una polverosa collezione di briciole sparse, faticosamente raccolte durante un percorso durato dieci giorni, poco oltre il limite della metà dello scorso ottobre. Ovvero Ventotene, nel bene e nel male, e ciò che del suo autunno rimane.
 
 
 
In una stagione che sorprende, per i suoi silenzi, le sue pause e le sue improvvise folate.
Mi saranno temporanei testimoni in questa avventura un drappello di temerari milanesi, che chiameremo affettuosamente Andrea, Liana, Marco e Marina, e una squadra di irriducibili esemplari da Museo della Migrazione, che mi sbilancerò a ringraziare coi nomi di Sara, Jacopo, Irene, Gaia e Vincenzo, nonché Andrea, Silvio, Mario e Annarita, più un paio di insaziabili gatti (insieme ai soliti compagni di merende, distanti e irraggiungibili ma onnipresenti nel distorto cosmo virtuale).
E non sarà affatto facile stavolta portarvi insieme a me in questo viaggio, non tanto per l'assenza di spazio in cui stiparvi nello zaino, quanto per la carenza un po' di tutto il resto, o meglio di quella che siamo soliti chiamare vita (aperta e chiusa la parentesi, nello spensierato spazio di una cena, per chiarire che non della mia stiamo parlando) e che nel miracolo della migrazione riesce (per quanto ancora?) a sorprenderci.
 
Avrei voluto raccontarvi una sequenza interminabile di aneddoti, colorati dalle più variegate e imprevedibili apparizioni, assecondando il mio e il vostro desiderio di confidare in un Universo in grado di sopravvivere sereno ad ogni inarrestabile dis-umana trasformazione, ma la verità è che sarei costretto a descrivervi con minuzia di particolari ogni singolo avvistamento, posatoio, svolazzo e accennato richiamo annotato per giorni sull'isola, scalfiti e impressi solitari nella memoria di un desertico paesaggio.
Immagino che vi siate già persi, in questo mio disarmante delirio, quindi per recuperarvi, in breve, riassumerò la concreta sostanza. Dal 17 al 27 ottobre ho vagato perplesso per l'isola di Ventotene (LT), con lo scopo dichiarato d'essere imparziale testimone della fortuita comparsa di qualsiasi verosimile ed inverosimile forma alata, con il risultato pratico di scoprire d'essere dotato, oltre che del ben noto Dissipatore d'Accidentali, di un altro sgradevole strumento, il dannatissimo Scudo Antimigratorio (e confido che con questa maturata consapevolezza gli ineguagliabili Linosauri mi ringrazieranno per non aver tentato di raggiungerli sul loro straordinario rifugio, mai come quest'anno costellato da varietà di osservazioni... Mentre gli attori di quello che sarà l'Atto II verranno scossi in questo istante da irrefrenabili Tremitii, accompagnati da improponibili improperi...). Il nulla, condito da transitori e inconsistenti sprazzi di illusorie comparse, in quello che, se da un lato dovrebbe rincuorarmi, sussurrandomi all'orecchio "suvvia, non sei tu che non li vedi", ma che dall'altro invece mi sconforta oltremisura assordandomi come un drammatico Urlo alla Munch, è stato definito dai locali (inanellatori inclusi) il peggior autunno migratorio di sempre.
 
 
 
Che poi, a ripensarci, i segnali all'esordio del viaggio sembravano promettenti. Perché, trascurando la mezz'ora di distanza tra la partenza del traghetto e l'arrivo del treno a Formia, che costringe il viandante a soffermarsi mezza giornata al porto, il cielo sui colli retrostanti sarebbe anche gravido di AQUILE MINORI in transito. Almeno 18, con una statistica che per quel poco che vale dice 15 dal morfismo chiaro, due intermedie e una sola scura (con la riflessione conseguente che gli o-scuri individui segnalati in periodi e territori anomali del settentrione italico ben più frequentemente di quelli chiari, invariabilmente in assenza di foto, appaiono davvero come un'anomalia al limite dello sbadato e superficiale abbaglio).
 
 
 
E dunque sull'aliscafo del pomeriggio si può salire rincuorati, a lungo unici suoi ospiti prima della partenza, tanto da avere tutto il tempo per scegliere un posto comodo per la traversata. Se non fosse che, imprevisto, già si manifesta il primo sfavorevole indizio, alla comparsa del secondo passeggero, quando si viene redarguiti per aver sottratto, inconsapevolmente, proprio il sedile riservato ai meno abili come lui. E di conseguenza ora della mia totale cecità pure sorriderete, quando vi svelerò che giunto sull'isola mi accomoderò addirittura in una dimora errata, priva di biancheria e con frigorifero annegato nella sua stessa acqua dal consueto colorito ocra, noto ai frequentatori abituali,  dal momento che le chiavi di quella destinata al mio domicilio non sono affatto ad attendermi nel luogo convenuto. Ed il sospetto di aver errato destinazione si materializza gradualmente nel silenzio e nelle prolungate assenze dei giorni successivi. Dovrei ora tentare quindi di descrivervi l'isola in cui sono giunto, per sincerarmi che il sito concordato fosse davvero quello. Inizierò col dirvi che geograficamente è assai disorientante e maldisposta, non solo per gli umani a quanto pare, tanto che nell'unico giorno in cui uno sprovveduto per quanto cospicuo nugolo disomogeneo di turdidi con MERLI, TORDI BOTTACCI e TORDELE decide di affrontare impavido la traversata, nell'abbandonare i disseminati nascondigli tra i cespugli si dirige irrimediabilmente e dissennatamente verso nord. Comprendo il vostro condivisibile scetticismo, ma potrei esibire a richiesta un testimone umano di questa perversione ornitica.
 
 
Che poi ci sarebbe proprio il porto predisposto ad accogliere il loro arrivo in questa stagione, chi sulla terra chi nelle sue ospitali acque, siano essi esseri umani...
 
 
 
... o volatili, alla stregua di quella solitaria SULA che porta un minimo barlume di luminosità in una di quelle sospiranti mattinate di irrimediabile ed interminabile (dis)attesa.
 
 
 
A contornare il porto da entrambi i lati si dipartono a muratura le scogliere, affusolando l'isola verso sud, concedendo al lato orientale uno sprazzo di scogli e un isolotto carcerario, dove sperduti si rintanano ormai residui sparuti i GABBIANI REALI e singoli smarriti e sprovveduti MARANGONI DAL CIUFFO, talvolta condividendo la loro solitudine con impreviste ed inconsuete compagnie, una PAVONCELLA intorpidita qui, un appannato MARTIN PESCATORE lì, sempre sbiaditi e distanti, refrattari a farsi immortalare.
 
 
Quasi dimenticato su una di queste sporgenze rocciose penzola un piccolo giardino che in primavera riserva le sue primizie ai pazienti ospiti in attesa sulle disperse panchine. E rinnegato tra i ruderi e la vegetazione arbustiva, inosservato troneggia un solitario pozzo. Ecco, riguardo a quel pozzo vi rivelerò ora un segreto. Alle spalle degli ignari viaggiatori, scivolata sul suo fondo nelle tarde ore di un sabato pomeriggio, giace una monetina con le mie impronte digitali, destinata ad esaudire almeno un singolo desiderio per la domenica mattina seguente. Su questo dovrete credermi sulla fiducia. Due centesimi, mica di più.
 
 
 
Dovrei ora tediarvi, descrivendovi come si risale quotidianamente l'isola in senso orario, attraversando un paese invaso da oscuri e terribili bombi neri, apparentemente assetati di nettare, durante il giorno, ma sospettati di seminare il panico notturno tra tutti i minuscoli migratori, costretti a rifuggire i loro comodi giacigli per il timore di sgradevoli incontri. Voci di corridoio queste, ovviamente, ma orami si tende a credere a qualsiasi cosa.
 
 
Mi limiterò a dirvi che sul vostro cammino incontrerete inevitabilmente alcuni viandanti, tra i quali confiderete fiduciosi di rinvenire insolite parvenze, ma resteranno pur sempre VERZELLINI e CODIROSSI SPAZZACAMINO.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La verità è che in un simile contesto l'unica alternativa è quella di rivalutare le specie più semplici e le piccole sorprese che regalano una manciata di PASSERE SARDE in mezzo ai FANELLI e alle PASSERE D'ITALIA, o una solitaria PEPPOLA caparbia e spavalda tra i consimili fringuelli.
















Così, la comparsa di un MIGLIARINO DI PALUDE è quasi un'allucinazione...



... e le movenze di un ritardatario CODIROSSO COMUNE si trasformano in un semplice capolavoro.


In tutto questo, vuoi per una monetina in fondo a un pozzo, vuoi per l'esperienza di Andrea che conosce ormai tutte le tradizioni isolane locali, in particolare quella dei Carabinieri di rilasciare, nei pressi della loro caserma, ad una determinata ora della domenica mattina tutti i Forestieri che per la notte hanno trattenuto all'interno delle loro celle, vuoi perché Marco ne conserva sempre uno nello zaino... o come suggerisce una vocina, vuoi che qualcuno più rifornito ce l'abbia inviato in dono... può capitare che davvero LUI', il FORESTIERO per eccellenza, indifferente ai carrubi, compaia saltellante su un muretto, protendendosi tra gli steli d'erba, perché in fondo la leggenda narra che simili episodi capitassero davvero, e nulla ci vieta di illuderci che possano capitare in futuro. E' l'istante presente che tuttavia, al di fuori di questo aneddoto, continua a sconfortarci.
 
 
 
Soprattutto in confronto alle incomparabili vicende narrate dalla voce dei reduci sopravvissuti alle gesta andate, quando la Parata Grande non era una scogliera ma un'imponente rete alta centinaia di metri manovrata con carrucole e verricelli che catturava milioni e milioni di tortore e quaglie e volatili di ogni tipo, tra i quali nei giorni andati comparve addirittura un misterioso pappagallo parlante che, rimasto intrappolato nel sacco insieme agli altri sfortunati compagni di sventura, pronto ormai per la spedizione verso la Liguria, decise allarmato di mettersi a invocare aiuto con frasi farfugliate del tipo "Uscimmemmuoio! Uscimmemmuoio!", procurando un istantaneo infarto al proprietario del sacco e consentendo a tutta la truppa volante di fuggire immantinente dalla trappola.
 
 
Proseguendo verso sud non ci resta che insistere ed esplorare ogni anfratto, scandagliare ogni cespuglio, soffermarsi su ogni stelo, ramo, zolla, cavo o staccionata che sia, nella speranza di incontrare una forma nuova, diversa, insolita o semplicemente sperduta, solitaria e tardiva. Sia pure una COLOMBELLA celata nel foltissimo gruppo di COLOMBACCI che presidiano l'isola (complessivamente 8, loro, per la precisione). O la sconsolata e saltellante QUAGLIA, raminga proprio in quella Parata Grande che ospitava fantastilioni di suoi simili. O una residua RONDINE, uno smarrito PIGLIAMOSCHE, un frettoloso LUI' GROSSO...








 
 











Mentre l'altro capo dell'isola si avvicina, solo gli insani vocalizzi degli invisibili PORCIGLIONI aumentano di numero, mentre in singoli sprazzi quotidiani si volatilizzano in singoli individui un BECCACCINO, una BECCACCIA, una PISPOLA GOLAROSSA, una BIGIARELLA, una BALIA NERA, un'AVERLA PICCOLA...


Prossimi alla fine del cammino, ci si ravvisa d'essere dotati di quel temibile strumento che annienta le rarità, così foss'anche che qualcuno vi prospetti per certa la presenza di uno degli ambiti ospiti, mettiamo caso  un Prispolone Indiano (del quale qualcuno, egli stesso reo confesso, millanta recenti dati taroccati in pubbliche banche dati, giusto per non discostarsi da quella tradizione che vuole premiati e pubblicati purtroppo ancora oggi dati privi di foto georeferenziate e testimoni imparziali, a tutela della fantasia e della mitomania dell'autore piuttosto che realmente della specie trattata...)... Del Prispolone Indiano dicevamo dunque, che vocalizzante ed elusivo pare percorrere i campi prossimi all'ultima prominenza terrestre, che tuttavia al momento di palesarsi alla mia minuziosa ricerca compare dall'erba fitta a posarsi su uno spoglio ramo lasciandosi stranamente inquadrare, conservando dell'indiano tuttavia solo l'atteggiamento, indifferente ai desideri, e del PRISPOLONE tutti i caratteri comuni. Nulla vieta che ci fossero entrambi, a parte ovviamente la mia presenza e la mia insana testimonianza. Fotografica.


Così, mentre i giorni si consumano e le albe nell'attesa inesorabile si confondono con i tramonti...


... come un inguaribile personaggio di Buzzati che si rispetti cerco costantemente un segnale inconfutabile che mantenga in vita la speranza...


... e pur nel dramma dell'ultimo sconforto, quando anche l'aliscafo preposto al mio ritorno sulla terra ferma decide di concedersi un prolungato pisolo accovacciato nella rada, dimenticandosi di partire all'orario prestabilito e mandando a monte ogni mio programma futuro, scatenando la furiosa reazione che vi sarà rivelata nel secondo atto di questa tragicomica farsa (relegando nel frattempo Ventotene al totale isolamento per i giorni successivi), sull'ultimo traghetto ufficialmente disponibile, tentando di sopravvivere alle onde e al conseguente nauseabondo malessere, non posso far altro che sorridere quando sulla scia dell'avversa sortita  appare, candidamente palese, che questo inevitabilmente è il CORSO degli eventi da seguire... o forse solo il CORSO dei GABBIANI...


... e se anche la leggendaria migrazione sembra aver smarrito i suoi colori e la sua voce, in fondo al pozzo c'è davvero una monetina, non tanto per me, ormai senza rimedio, ma ovunque, per tutti voi, ed una pentola d'oro ai piedi dell'arcobaleno...



Come epilogo statistico, le specie incontrate sull'Isola

1. Quaglia comune
2. Berta maggiore
3. Berta minore
4. SULA
5. Cormorano
6. Marangone dal ciuffo
7. Airone guardabuoi
8. Airone cenerino
9. Falco di palude
10. Sparviere
11. Poiana
12. Gheppio
13. Falco pellegrino
14. Porciglione
15. Pavoncella
16. Beccaccino
17. Beccaccia
18. Piro piro piccolo
19. Gabbiano corallino
20. Gabbiano reale
21. Piccione domestico
22. COLOMBELLA
23. Colombaccio
24. Tortora dal collare
25. Martin pescatore
26. Allodola
27. Rondine
28. Prispolone
29. Pispola
30. PISPOLA GOLAROSSA
31. Spioncello
32. Ballerina gialla
33. Ballerina bianca
34. Scricciolo
35. Passera scopaiola
36. Pettirosso
37. Codirosso spazzacamino
38. Codirosso comune
39. Saltimpalo
40. Culbianco
41. Passero solitario
42. Merlo
43. Tordo bottaccio
44. Tordo sassewllo
45. Tordela
46. Capinera
47. Beccafico
48. Bigiarella
49. Sterpazzolina (sp)
50. Occhiocotto
51. LUI' FORESTIERO
52. Luì piccolo
53. Luì grosso
54. Regolo
55. Pigliamosche
56. Balia nera
57. Averla piccola
58. Corvo imperiale
59. Storno
60. Passera sarda
61. Passera d'Italia
62. Passera mattugia
63. Fringuello
64. Peppola
65. Verzellino
66. Verdone
67. Cardellino
68. Lucherino
69. Fanello
70. Frosone
71. Migliarino di palude