lunedì 24 settembre 2018

Ardimento Sardo 2018


Se non ricordo male, eravamo rimasti che dal 10 al 22 settembre, insieme al Pulotto, avrei tentato di raggiungere in qualche modo la Sardegna, rendendovi poi partecipi di quanto sarebbe accaduto.


Prima che il mio sproloquio abbia inizio, non per formale e doverosa cortesia, ma con immenso piacere e gratitudine, ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla concreta realizzazione di questo viaggio, con indicazioni e suggerimenti e/o supporto tecnico e morale, amici talvolta mai incontrati, ma che mi azzarderò a chiamare per nome, da Davide (e Ilaria) a Giuseppe, da Marco a Gianni, da Silvio a Matteo, inclusi quelli che non vogliono essere ringraziati pubblicamente nonostante il loro sostanzioso apporto, nonché ovviamente i Bei Maschi, i Tringa e i Controbirduoccers.
Stavolta non mi sarà facile mantenere la promessa di soddisfarvi con questo resoconto. L'età che avanza dissolve le parole utili a descrivere ricordi, visioni ed esperienze vissute. Proverò a farlo corredando il testo con immagini e video.
Dovrei tuttavia indossare costantemente una videocamera GoPro per rendervi partecipi di tutto quanto accade, ma anche eliminando le ore di sonno (per quanto talvolta memorabili anche quelle, fosse solo per vedere la reazione del Pulotto costretto dalla sorte a trascorrere la notte condividendo uno striminzito letto matrimoniale "alla francese" con il suo forzato compagno di sventura), il viaggio virtuale durerebbe comunque quasi una decina di giorni.
L'alternativa sarebbe portarvi con me (per altro, la seconda quindicina di ottobre dovrò esaurire i miei giorni di libertà vagando a scelta in giro per l'Italia; temo che quest'anno non riuscirò a raggiungere Linosa, ma se qualcuno avesse in programma escursioni su isole più accessibili, tipo Tremiti, Ventotene o altre, ci si potrebbe anche incontrare là...), ma riguardo questa seconda opzione, vi suggerisco di intervistare prima approfonditamente il medesimo Pulotto, per comprendere quali patimenti, sacrifici e sofferenze dovreste sopportare durante una simile traumatica avventura. E probabilmente ne uscireste dissuasi.

Tanto per cominciare, ci sono i 3500km percorsi, andata e ritorno, da casa, di cui oltre 2500 in terra Sarda, ai quali vanno aggiunti quasi 700km via mare. Grazie alla preparazione tecnologica del Pulotto posso fornirvi un'immagine riassuntiva delle nostre peregrinazioni. Abbiamo consumato asfalto, terra, sabbia, fango, ghiaia, acqua, sassi e vegetazione erbosa lungo percorsi che nemmeno esistono sullo stradario ufficiale, per lo meno non su quello memorizzato dal navigatore della Sandero, incluse piste di viabilità locale create per costeggiare ininterrottamente la viabilità principale senza mai incrociarla, ritrovandoci spesso in località fuori dal tempo e dallo spazio, in una Sardegna fatta di muretti e recinzioni sommersi da vegetazione cespugliosa e steppica, salvandoci solo grazie al provvidenziale intervento del navigatore umano, che indifferente alle ire del pilota, conduceva con mano ferma l'equipaggio oltre gli ostacoli e le sventure. Oppure, semplicemente, indietro in retromarcia, nella direzione di provenienza, e tanti saluti. Ajò.

Per non parlare poi degli inevitabili stenti culinari e dell'astinenza alimentare obbligatoria patita durante un simile viaggio, nonostante le prelibatezze locali tentatrici ad ogni angolo, salvo eventuali occasionali misere concessioni (stasera spaghetti alla carbonara surgelati?) o tradimenti (notturni) salutari e saltuari (o magari regolari) dei  quali tuttavia, per quanto possibile, farò finta di non essere ovviamente a conoscenza. Colazione scarsa o assente, niente pranzo e cena frugale ove reperibile alle ore improprie del nostro vagare. Perché sottoporsi volontariamente ad una simile frustrazione?
"Che poi, non vorrai mica convincerci che in due settimane estive in Sardegna non vi siete mai concessi nemmeno un bagno?" Ecco, ad essere onesti, mi tocca effettivamente confessarvelo. Ma a mia (o nostra) discolpa, posso affermare che ci siamo fatti la doccia tutte le sere (qualora foste preoccupati per la nostra igiene personale). A dirla tutta, un paio di mezzi bagni ce li siamo fatti...
Ed in alcune località particolarmente rinomate avremmo potuto farcene anche uno o due completi, semplicemente scendendo dall'auto in corsa...
Ma sarebbe scorretto colpevolizzare le condizioni meteo, sostenendo la teoria del complotto e la loro interferenza con il corretto svolgimento del nostro percorso debitamente programmato anzitempo, la tarda sera per la mattina presto, ovviamente, talvolta con cambi di tragitto estemporanei, dovuti tipo al fatto che in corrispondenza dello svincolo prescelto mi trovavo inevitabilmente coinvolto in un sorpasso, l'unico della giornata, considerate le mie carenti prestazioni automobilistiche.

Anzi, è opportuno ufficializzare qui il nostro sentito ringraziamento all'accoglienza sarda, che nonostante il nostro inusuale e stravagante atteggiamento, ci ha accolto, sia come territorio che come clima, ma soprattutto come persone, uomini e donne, siano loro Mario o Maria, Teresa o Beppe, Orsola o Luciano, Luisa o Marco, con spirito oltremodo ospitale, cercando di assecondare le nostre insulse ed improbabili esigenze di tempi e strategie, condividendo con noi le loro case, rendendoci partecipi delle loro esperienze di vita e talvolta anche concedendoci la compagnia del loro gatto Puccettone. Dall'alba al tramonto, o dal tramonto all'alba, è inevitabile che qualcuno in un simile mondo ci smarrisca il cuore.
Ed ora, proviamo ad avventurarci nella parte prettamente avifaunistica della vicenda.
Potreste tranquillamente immaginarvi il viaggio come una concatenazione ininterrotta di ripetute ed estenuanti "24h di bw", e non andreste troppo lontano dalla realtà. Anzi, ci sarebbe stata pure la possibilità di partecipare alla 24h provinciale ufficiale "Memorial Vellani", domenica 16 settembre (totalizzando nella sola provincia di Oristano una novantina di specie), ma non avendo mai imparato ad usare Ubird ci è parso scorretto iscriverci solo per l'occasione... Trascurerò spesso di menzionare giorni e luoghi, che nella mia fatiscente memoria hanno già sbiadito numeri e nomi, e proverò piuttosto a scalare gradualmente la sistematica delle specie, cercando di aggrapparmi ai dettagli significativi, episodici o aneddotici di ciascuna, prima che anche questi mi scivolino via.
E allora, che si parta dagli anatidi.
Per correttezza e tutela della specie, non vi racconterò delle vicissitudini che hanno accompagnato l'estenuante ricerca dell'ANATRA MARMORIZZATA, non vi elencherò tutte le acrobatiche peripezie e gli insormontabili ostacoli superati, ed eviterò accuratamente di descrivervi l'angosciante attraversamento delle paludi, degno di un intero capitolo della famigerata saga Tolkeniana...
Ma tuttavia, qualora per distrazione mi capitasse sovrappensiero di fare velato accenno a tutto questo, quantomeno non vi rivelerò l'esito finale di tale missione, che nessuno conoscerà mai davvero, e della quale non troverete traccia nemmeno su ornitho, strumento formidabile per conservare le nostre osservazioni, ma allo stesso tempo pericoloso serbatoio di dati per personaggi curiosi e senza scrupoli, talvolta dotati di superpoteri (alcuni di loro purtroppo vedono l'invisibile) che come lo zio avido e avaro presente in ogni buona famiglia che si rispetti mortificano l'entusiasmo e la passione di giovani e non più giovani avventurieri espropriandoli pigramente di qualsiasi sofferta esperienza.
In cambio, se vi accontentate, posso tranquillamente raccontarvi dei 150 FISTIONI TURCHI silenziosamente eclissati al margine del canneto di un paludoso stagno secondario nei dintorni di Cabras (OR) [piccola parentesi sulle province, non chiedetemele, non le so, non so più nemmeno se esistono]. Poco distanti da un altro canneto, un po' meno silenzioso ed eclissato...
Proseguendo nella scalata tassonomica, eccoci subito ad una delle ambite prede della nostra spedizione, la PERNICE SARDA. Alla prima alba sull'isola ne intuiamo i versi provenienti dall'intricata macchia circostante durante una preliminare passeggiata esplorativa, ma non possiamo ritenerci soddisfatti. Nei giorni successivi ne intercetteremo in canto borbottato altre, e fortunosamente, o forse inevitabilmente, una ventina di individui suddivisi in due brigate in località differenti ci attraverseranno la strada, consuetudine temo abituale e frequente considerato il periodico malinconico e raccapricciante esito infausto di queste scappatelle, testimoniato dalle spoglie rinvenute devotamente deposte a bordo strada. "Non ti curar di loro ma guarda e passa", e ricordale nel tempo spensierato in cui scorrazzavano liete al margine del loro cruento destino.
Del PELLICANO COMUNE che frequenta stabilmente da anni gli stagni e le saline di Cagliari ormai sapete tutto, o per lo meno sicuramente più di me. Tuttavia posso aggiungere che nonostante la sua mole mostruosa si manifesti palese allo sguardo di chi lo ricerca inframezzato a microscopici e meschini esseri viventi a lui prossimi (nel contesto specifico quelle Spatole che abitualmente tendono ad apparirci significativamente prestanti nella loro stazza rispetto all'esiguità dei simpatrici frequentatori di stagni e paludi) in determinate condizioni di postura, nella distanza e nel riverbero, vi sfido a rintracciarlo nella sua ingannevole metamorfosi camaleontica. Giusto per rendervi l'idea di quanto ci si possa sentire umiliati dal constatare la sua esistenza pochi istanti dopo averla trascurata così banalmente.
Nello stesso sito, abilmente camuffati in mezzo agli omonimi cugini, si nascondono anche alcuni FENICOTTERI MINORI, che ci aspettavamo di individuare per il loro abbigliamento scioccante rosa sciocchino, e che invece ci si sono presentati come tre individui naniformi dall'immaturo aspetto bianco sporco corredati tuttavia di becco completamente nero, ma che per questa loro vergognosa apparenza mi rifiuto di inserire nell'elenco delle specie osservate. E riguardo ai loro parenti standard FENICOTTERI, non mi dilungherò oltre il semplice definirli onnipresenti e ubiquitari in ogni singolo rigurgito di acqua salmastra, generalmente docili e confidenti senza mezzi termini (nel video, sempre facendo attenzione a non farvi imbrattare dagli schizzi di fango che il robusto becco rosaceo solleva, potete apprezzare il rumore della componente meteo costante che accompagna le peregrinazioni sarde, e funge da colonna sonora ad ogni mia ripresa, il vento).
 
Nessuna sorpresa tra i rapaci, nonostante le nostre ambiziose aspettative e la comparsa estemporanea di un'ingannevole sagoma poiano-aquilesca immersa nell'inevitabile controsole, incuriosita dal transito e volteggio di una mattiniera avanguardia di falchi di palude. I GRIFONI esattamente al loro posto, lungo le scogliere del Nord-Ovest; i FALCHI PESCATORI presenza quasi quotidiana in sorvolo e caccia sulle acquitudini più profonde, talvolta di comparsa migratoria in località impensabili; le AQUILE REALI, presenza gradita ed abbastanza inaspettata, con almeno due coppie contattate; e soprattutto i FALCHI DELLA REGINA in piena attività trofica e riproduttiva completamente indifferenti al contesto che li vuole presenza fantasma di contorno invisibile alle riprese dell'"Isola di Pietro 2" (e che vede noi altrettanto indifferenti alla realizzazione di tutto questo, non ce ne voglia l'instancabile e giovanilissimo cantautore Gianni Morandi nel suo transito da corridore mattutino lungo gli sterrati che costeggiano le scogliere dell'omonima isola).


 Provate voi a seguire in volo, a mano libera, un Falco della Regina


E' quindi la volta del pollastro blu, che da come si muove e si atteggia del SULTANO ha veramente poco, ma del POLLO assolutamente tutto. Impazienti di stanarne uno ci addentriamo attraverso la fitta vegetazione che circonda un acquitrino dimenticato e trascurato dalla cartografia anche del più pignolo e rigoroso geografo, e attraverso il miraggio che la rifrazione della calura ci concede, lo immaginiamo più che osservarlo, mentre baldanzoso si protende tra i ciuffi d'erba e le canne, per poi svanire insensibile ai nostri tentativi vani di ritrarlo con un minimo di caratteri sufficienti almeno per una fantasiosa determinazione. Alla comparsa di un secondo individuo giovinastro in uno specchio d'acqua più accessibile e dove effettivamente confidavamo di trovarlo cominciamo ad assumere consapevolezza di quello che si rivelerà un dato di fatto, confermato dalle sagge menti dei nostri informatori. Quel pagliaccio del POLLO SULTANO in Sardegna è ovunque. Non vi elencherò le località in cui potete trovarlo, non è necessario. Cercate uno stagno con un pochino di canneto e aspettate. Non è per cattiveria che non ve li nomino i luoghi, fidatevi, non me li ricordo. Può confermarvi il Pulotto che nessuno dei due al momento ha idea di quale fosse la palude in cui ne abbiamo contattati almeno otto (ok, troppo facile controllare su ornitho...).
Ed ora ci siamo, all'obiettivo dichiarato del nostro viaggio, con il Pulotto che minaccia di non farmi tornare a casa finchè non ne troviamo almeno una, quella dannatamente elusiva e mimetica (in questo periodo) GALLINA PRATAIOLA. Abbiamo già ringraziato tutti quelli che ci hanno fornito suggerimenti e indicazioni per indirizzare al meglio i nostri sforzi, a costo di accompagnarci, e qui approfitto per rinnovare loro la nostra gratitudine, ma ora, pur evitando di svelarvi dettagli che possano mettere a repentaglio la tutela della specie, vi confesserò che, in modo un po' fortunoso e forse un po' ingenuo, la verità è che le abbiamo trovate su internet, e non scherzo. Basta, non dirò altro. A parte che, con un preludio da infarto regalatoci da una truppa di ingannevoli OCCHIONI in un campo arato, dopo il primo sbalordimento di trovarne davvero due che pascolano nel mezzo di un prato sfalciato, vi concedo la libertà di immaginarvi la sensazione di percepire uno strano "ronzio" e di rendersi conto solo dopo diversi istanti che si tratta del suono che questi animali producono durante il volo, non uno ma sette, sopra le nostre teste.
Fosse finita qui, ce ne sarebbe a sufficienza per tornare a casa con il cuore in pace. Se non fosse che quelle sette, o forse altre, in volo diventano addirittura 21, mentre le due posate si sono moltiplicate a diventare a loro volta sette... Con il labbro inferiore a penzoloni dallo sbigottimento tentiamo di raccapezzarci con i conti, ma ci rassegniamo a confermarne complessivamente 28, con l'idea tuttavia che altre sette possano essere andate perse, a mimetizzarsi nella steppa. Viaggio di ritorno guadagnato, nel bene o nel male, non saprei. Le abbiamo poi cercate comunque altrove, senza successo. Una nota riguardo ai già menzionati OCCHIONI, a parte la sincope nel trovarseli davanti cercando le (estremamente simili) GALLINE, decisamente diffusi e in alcuni siti inaspettati, con un contingente di almeno un centinaio di individui strategicamente piazzati mimetici tra le stoppie in un campo poco distante da una zona acquitrinosa nei dintorni di Cabras.
 
Sorvolando rapidamente sui limicoli, alcuni più frequenti (Pettegola, Pantana, Piro piro piccolo, Cavaliere d'Italia, Avocetta, Chiurlo maggiore...), altri inaspettatamente meno (pochi i Totani mori, per esempio...) ed altri nemmeno osservati (Pavoncella, Beccaccia di Mare, Pittima reale...), aggiungendo solo che ci siamo divertiti a setacciare tutte le zone umide spulciandole per contattare magari singoli individui delle varie specie, dal Voltapietre al Piovanello maggiore, dal Chiurlo piccolo al Gambecchio nano... arrivo ai gabbiani, con il mirino puntato sul CORSO. Premessa inevitabile, i GABBIANI ROSEI sono più comuni dei COMUNI, presenti ovunque, vociferi, rumorosi (i giovani soprattutto) e abbastanza confidenti, contendono il primato ai GABBIANI REALI, insieme ai quali ogni tanto compare qualche ZAFFERANO, mentre non siamo stati capaci di trovare nemmeno un CORALLINO. Tornando al prescelto, il GABBIANO CORSO, siamo andati a cercarlo sulla costa Nord-Ovest in un giorno uggioso, ma l'unico individuo se ne stava appollaiato in una zona inaccessibile al pubblico refrattario a tutti i nostri amichevoli desideri di conoscerlo. In una giornata soleggiata ne abbiamo poi trovati altri nel profondo sud, immersi nell'insano riverbero di una salina, loro pure affatto propensi alla confidenza, più per la distanza reale che per l'elusività. Così, alla fine, su una spiaggia dimenticata dal sole, in una giornata buia e tempestosa, ci siamo ritrovati un adulto a pochi metri dall'auto, con un atteggiamento di sfida del tipo "Riesci a farmi una pessima foto anche così?". Non temere, ne sono capacissimo.
Di contorno, qualche BECCAPESCI, poche STERNE COMUNI, due STERNE ZAMPENERE e un solo MIGNATTINO COMUNE. Sul mare (a parte alcune BERTE MAGGIORI), quasi nulla. In particolare nessuno STERCORARIO. L'unico che abbiamo trovato è quello nel video qui sotto, che non saprei definire come Maggiore o Mezzano, preferisco lasciarlo come indet.
 
Prima di arrivare ai rapaci notturni, una piccola parentesi sui PICCIONI che effettivamente in alcuni siti verrebbe l'ardimento di definirli SELVATICI, quando li si vede sfrecciare negli anfratti di roccia lungo le scogliere costiere o infilarsi come proiettili in cavità inaccessibili tra le falesie montane.
Passando quindi ai frequentatori della notte, ASSIOLI ancora canterini in quasi tutta l'isola e BARBAGIANNI (della SARDEGNA, per lo meno in quanto al momento residenti) probabilmente più facili da contattare che in altre parti d'Italia, talvolta pure loro ospiti dei B&B, per non parlare di quello che inavvertitamente abbiamo sfrattato dal suo pisolino diurno in un diroccato osservatorio per il BW. Gufi comuni e Succiacapre assenti all'appello, CIVETTE invece infestanti, ogni cumulo di pietre è loro proprietà (spesso decisamente mimetiche, nella foto ce ne sono due), i Nuraghi probabilmente potrebbero ospitarne un intero condominio, attive di giorno quanto di notte, danno la sensazione di essere anche fenotipicamente diverse da quelle del continente, pure nei vocalizzi, sai mai tu che a qualcuno venga l'idea di studiarle per speciarle o sottospeciarle... Sorprendente poi, almeno per noi, la presenza di individui ad alta quota, dimorati tra le rocce sperdute in mezzo ai monti.
Solo un accenno ai RONDONI, PALLIDI presenti un po' dappertutto (anche se ad alcuni dal "morfismo particolarmente scuro" non mi sbilancerei ad attribuire l'aggettivo "Pallido") e nidificanti in alcune località, MAGGIORI più localizzati e vociferi in modo assordante in alcuni di questi siti, talvolta usati come colonna sonora per le abluzioni dei cetacei in visita alla costa.


Ed ora ahimè, giunti ai passeriformi, la vera nota dolente del viaggio. Mannaggia alla CALANDRA. So che esiste (a differenza di STERPAZZOLA DELLA SARDEGNA e PASSERA LAGIA che, fino a prova contraria, potevano essere mere invenzioni dei sistematici), perché ne ho vista una l'anno scorso a Majano (Ud), ma vai tu a trovarne una in questo periodo, spulciando tutti i campi, i prati, gli arati, gli incolti, le strade sterrate e so io cosa ancora. Nemmeno l'ultimo azzardato tentativo di contattarla con un LAST MINUTE in aeroporto, da dietro la recinzione, sia chiaro, ha fruttato l'intera ricompensa. Quasi tutte le lettere, in realtà, le abbiamo raccattate, tranne l'ultima vocale. Un CALANDRO anche lì, l'ennesimo di una lunga serie (tutti comunque con redini manifestatamente nere, unghie corte e verso standard, casomai qualcuno se lo fosse domandato). Pazienza e rassegnazione, sia fatta la sua volontà di trovarla altrove.
Argomento alquanto dibattuto e controverso, i silvidi, sardi o non sardi che siano, esistono, non esistono, si nascondono, si palesano, sono tutti ingannevoli ed infestanti OCCHIOCOTTI che se non fai attenzione rischiano di infilarsi nelle tasche e in auto se solo ti azzardi a lasciare il finestrino inavvertitamente socchiuso?
Decidiamo di mettere da parte lo scetticismo ed iniziare la ricerca seguendo innanzitutto i suggerimenti dettati dagli "amici" che saggiamente ci guidano con le loro indicazioni mirate, almeno per comprendere la tipologia di ambiente che le varie specie frequentano, per poi provare a rintracciarle altrove. Così, la MAGNANINA SARDA fa la sua comparsa sulla cima del Monte Limbara (questo me lo ricordo), e visto che le (mie) foto spesso, soprattutto in questa stagione, non sono affatto utili alla determinazione, forse un video in cui chiacchiera al vento emettendo il suo perplesso vocalizzo vale più di tante (mie) parole. Focalizzandoci sull'ambiente, riusciremo poi a trovarla anche altrove, riconoscendola dal verso, perché l'aspetto inganna alquanto.
Discorso simile per la STERPAZZOLA DELLA SARDEGNA, altro fantasmino della fantasia, tanto da farmi dubitare della sua esistenza. Ma se ti dicono di andare a cercarla a Mistras, fai almeno un piccolo sforzo, o no? E chi dice niente. Così ci si sveglia la mattina presto presto e all'alba siamo a Mistras. E piove. Ovvio. Ma abbiamo già detto che non è il caso di responsabilizzare il meteo, e dunque, con il minimo sforzo, ci inventiamo che quel microbo di bestiolina che scodinzola tra la vegetazione bassa dell'acquitrino salmastro è lei, anche senza averla vista realmente, confidando con un briciolo residuo di speranza che sia lei davvero, e che si conceda a qualche strascicato stralcio di conversazione. E lei allora "scarrella" (come dice GZ) concedendosi alla vista. Esiste davvero. Ne troveremo altre, sempre a Mistras, ma non altrove. Sospetto tuttavia per mancanza di sufficiente e rigoroso impegno.
 
La MAGNANINA COMUNE la conosciamo già, eppure ci rincuora essere riusciti ad impararne il verso ed individuarla negli ambienti in cui sospettiamo si rintani. Stavolta niente video dimostrativo, si dimostra più infida delle sue consimili, o meglio, sono io meno pronto ad intercettarla nei momenti utili. Qualche immagine sfuocata o nella luce avversa, ma siamo abituati a scatti ben peggiori. Per non parlare delle STERPAZZOLINE (genericamente intese, COMUNI o di MOLTONI che siano, mai sufficientemente osservabili per determinarle ed ovviamente immaturi), elusive presenze nel fitto dei cespugli, che quasi mai emettono versi e talvolta invece si concedono a flebili subcanti sterpineschi quasi indistinguibili suoni che sembrano portati dal vento mentre loro invece se ne stanno infrattate nell'intrico della vegetazione a meno di mezzo metro...
Giusto due parole sulle AVERLE, PICCOLE o CAPIROSSE che siano. Alcuni individui sparsi qua e là, spesso immaturi e con piumaggi ambigui non sempre banali da determinare.
Sui GRACCHI CORALLINI ho poco da dire, affermare che li abbiamo visti è già un'esagerazione, tutt'altro che amichevoli hanno preferito continuare a frequentare lo spazio aereo e le rocce incespugliate piuttosto che condividere qualche ora insieme a noi. Siamo addirittura tornati più volte sul luogo del misfatto sperando che si concedessero in modo più spensierato, ma niente da fare, qualche periodico svolazzo, infastiditi dal GHEPPIO di turno e tanti saluti. Altrettanto NERI ma decisamente più confidenti gli STORNI, casinisti e malandrini, ci hanno sostanzialmente illuso quasi fino all'ultimo momento di essere tutti della stessa specie, per poi accorgerci l'ultimo giorno (con qualche preavviso precedente pulottesco caduto inascoltato) che più di qualcuno in mezzo a loro era tutt'altro che "SPOTTLESS"... Un cenno merita anche la GAZZA, introdotta nel Nord-Ovest dell'isola: ci ha fatto un effetto esotico osservarla in un simile ambiente...
 
E siamo arrivati quasi agli sgoccioli. Ancora qualche parola sui PASSERI, quelli SARDI per cominciare, anche loro con abbigliamento abbastanza variegato ma sostanzialmente tutti con sufficienti striature da definirli tali (sebbene la voglia di andare a stanare in mezzo a loro individui dal fenotipo Italico sia stata più nulla che scarsa; più convinta invece la ricerca delle PASSERE MATTUGE che alla fine hanno fatto la loro sporadica comparsa). E un necessario capitolo sulla PASSERA LAGIA, specie ignota fantomatica e leggendaria, che rischiava di restarci aliena quanto la CALANDRA, se non avessimo imboccato una stradina a caso nel bel mezzo dell'altopiano di Campeda (caspita, mi ricordo un altro nome), trovandocele posate su un cavo, schioccanti nel loro passeraceo vociare, altrimenti ignorate per il loro aspetto trascurato e affatto appariscente. A distanza di giorni, ritrovate con la medesima modalità, in un'altra stradina a caso, poco distante dalla prima. E praticamente non altrove.
Ci resta infine solo il VENTURONE CORSO, anche lui cercato e trovato sul Monte Limbara, con due singoli individui. E poi di nuovo sul massiccio del Gennargentu, anche lì faticosamente rintracciato. Per poi constatare la presenza di almeno una decina di individui in una vigna, frammisti a CARDELLINI, VERDONI e VERZELLINI, durante una sosta fatta a casaccio a bordo strada (fate finta che fosse necessario soddisfare qualche naturale impellenza fisiologica, ma io non ve l'ho detto) in una località che ovviamente non ho idea di dove fosse. C'è da sospettare che nemmeno fossi io a guidare.
E un ultimo commento inevitabile su alcune specie, giusto per dire
che l'USIGNOLO DI FIUME te lo ritrovi infrattato nei muretti incespugliati a distanza impensabile dal più vicino sputacchio d'acqua disponibile
che gli ZIGOLI NERI hanno spesso piumaggi abominevoli che fanno sospettare ibridazioni con entità aliene extraterrestri e che lo STRILLOZZO è infestante, numeroso, fin quasi domestico, in stormi talvolta di centinaia e centinaia di individui misti ai PASSERI SARDI...
Fine.
Se poi volete che aggiunga una chiosa relativa agli altri esseri viventi, posso dire che non ci siamo impegnati a sufficienza nella ricerca di MUFLONE e CERVO SARDO, ma in compenso un CINGHIALE ci si è materializzato con una rocambolesca acrobazia davanti all'auto, una MARTORA ci ha attraversato la strada, una LEPRE SARDA ha messo a dura prova (e spero con successo) l'istinto dei due segugi che la braccavano, un RICCIO ed alcune TARTARUGHE di varie specie ci hanno accompagnato lentamente lungo il percorso a bordo strada, corteggiate spesso da un danzante Pulotto...
 
una LUCERTOLA di BEDRIAGA ci si è concessa sulla cima del Monte Limbara, mentre i GECHI tentavano di sfuggire agli sguardi nascondendosi dietro i quadri, dei "CETACEI indet." alcuni li avete già visti...
Per Farfalle e Libellule, così come per la vegetazione, tornerò al prossimo appello.
Come naturale ed inevitabile epilogo al viaggio, di ritorno sul continente, abbiamo fatto tappa all'alba alla fantomatica Bocca di Serchio. Terza volta negli ultimi anni, le altre due volte assai poco fruttuose di pomeriggio, stavolta al mattino siamo riusciti, per quanto possibile, a fare ancora peggio. Sul mare si è materializzato il nulla cosmico. E non sto usando un eufemismo. Sospetto fortemente una carenza di preparazione, tempismo, intuito o immaginazione da parte nostra, per intercettare le specie che transitano per tale località. La nostra striminzita esperienza non vale a fare statistica, ma sicuramente vale a gettarci nel più totale panico e sconforto. Aiuto!
Grazie per essere arrivati fin qui. Vorrei riuscire a corredare il testo con ulteriori foto e video nei prossimi giorni, provate a ripassare da queste parti, non si sa mai...
Qui sotto trovate necessariamente la lista completa delle specie osservate, quelle numerate in territorio sardo, quelle tra parentesi sul "continente" durante la tratta di andata e/o di ritorno.
1. Volpoca
2. Fischione
3. Alzavola
4. Germano reale
5. Mestolone
6. Canapiglia
7. Marzaiola
8. Fistione turco
9. Moriglione
10. Moretta tabaccata
11. PERNICE SARDA
12. Quaglia comune
(Fagiano comune)
13. Tuffetto
14. Svasso maggiore
15. Svasso piccolo
16. Berta maggiore
(Berta minore)
17. Cormorano
18. Marangone dal ciuffo
(Marangone minore)
19. PELLICANO COMUNE
20. Nitticora
21. Sgarza ciuffetto
22. Airone guardabuoi
23. Garzetta
24. Airone bianco maggiore
25. Airone cenerino
26. Airone rosso
27. Mignattaio
28. Spatola
29. Fenicottero
30. Falco pecchiaiolo
31. Grifone
32. Biancone
33. Falco di palude
34. Albanella minore
35. Astore
36. Sparviere
37. Poiana
38. Aquila reale
39. Falco pescatore
40. Gheppio
41. Lodolaio
42. FALCO DELLA REGINA
43. Falco pellegrino
44. Porciglione
45. Gallinella d'acqua
46. POLLO SULTANO
47. Folaga
48. GALLINA PRATAIOLA
49. Cavaliere d'Italia
50. Avocetta
51. Occhione
52. Corriere piccolo
53. Corriere grosso
54. Fratino
55. Pivieressa
(Pavoncella)
56. Piovanello maggiore
57. Piovanello tridattilo
58. Gambecchio comune
59. Gambecchio nano
60. Piovanello comune
61. Piovanello pancianera
62. Combattente
63. Beccaccino
64. Pittima minore
65. Chiurlo piccolo
66. Chiurlo maggiore
67. Totano moro
68. Pettegola
69. Pantana
70. Piro piro culbianco
71. Piro piro boschereccio
72. Piro piro piccolo
73. Voltapietre
(Gabbiano corallino)
74. Gabbiano comune
75. Gabbiano roseo
76. GABBIANO CORSO
77. Zafferano
78. Gabbiano reale
79. Sterna zampenere
80. Beccapesci
81. Sterna comune
82. Mignattino comune
83. PICCIONE SELVATICO / domestico
84. Colombaccio
85. Tortora dal collare
86. Tortora selvatica
87. Barbagianni (della Sardegna)
88. Assiolo
89. Civetta
90. Rondone pallido (e rondone sp.)
91. Rondone maggiore
92. Martin pescatore
93. Gruccione
94. Upupa
(Picchio verde)
95. Picchio rosso maggiore
(Cappellaccia)
96. Tottavilla
97. Allodola
98. Topino
99. Rondine montana
100. Rondine
101. Balestruccio
102. Calandro
103. Prispolone
104. Cutrettola
105. Ballerina gialla
106. Ballerina bianca
107. Scricciolo
108. Pettirosso
109. Usignolo
110. Codirosso comune
111. Stiaccino
112. Saltimpalo
113. Culbianco
114. Passero solitario
115. Merlo
116. Usignolo di fiume
117. Beccamoschino
118. Cannaiola comune
119. MAGNANINA SARDA
120. Capinera
121. Beccafico
(Bigiarella)
122. STERPAZZOLA DELLA SARDEGNA
123. Magnanina comune
124. Sterpazzolina (... sp. ...)
125. Occhiocotto
126. Luì piccolo
127. Luì grosso
128. Fiorrancino
129. Pigliamosche
130. Balia nera
(Codibugnolo)
131. Cincia mora
132. Cinciarella
133. Cinciallegra
134. Averla piccola
135. Averla capirossa
136. Ghiandaia
137. Gazza
138. GRACCHIO CORALLINO
139. Taccola
140. Cornacchia grigia
141. Corvo imperiale
142. STORNO NERO
143. Storno
144. PASSERA SARDA
(Passera d'Italia)
145. Passera mattugia
146. PASSERA LAGIA
147. Fringuello
148. Verzellino
149. VENTURONE CORSO
150. Verdone
151. Cardellino
152. Fanello
153. Crociere
154. Frosone
155. Zigolo nero
156. Strillozzo

mercoledì 5 settembre 2018

Un Inverno davvero Mezzano ...

La verità è che siamo ignoranti.
Ed essere consapevoli di questo è l'unica strategia che può salvarci.
In un contesto ambientale in costante mutamento, evoluzione o deterioramento che sia, l'umiltà della nostra inettitudine dovrebbe sostituire l'arrogante egocentrismo che costantemente tende ad accecarci, illudendoci di padroneggiare un universo che in realtà non comprendiamo affatto.
La natura, intendo, e tutto ciò che di lei millantiamo di conoscere.
E allora lei periodicamente si permette di sorprenderci.
Potrei provare a proporre un esempio.
Quello del Picchio Rosso Mezzano, tipo.
Specie storicamente ritenuta accidentale in FVG, nella stagione invernale 2012-2013 sembra deciso a voler stravolgere la propria fenologia. Prima, lanciando segnali vaghi e discordanti, si fa notare clandestinamente nei boschi contigui alla Slovenia, poi decide di sconfinare platealmente in territorio italiano in diverse località nei territori delle ex province di Trieste e Gorizia, concedendosi allo sguardo perplesso e stupito di vari osservatori. Non pago, raggiunge addirittura le Risorgive dello Stella dove RC a fine febbraio lo immortala in quella che probabilmente è la prima testimonianza della sua presenza nell'ex provincia di Udine.
Poi tuttavia le notizie che lo riguardano tornano ad essere nebulose.
Compare e scompare periodicamente, soprattutto durante la stagione fredda, negli anni successivi, in genere a cavallo del confine sloveno, dove stimola ricerche più approfondite che riservano sorprese inaspettate...
Vocifero e territoriale, a quanto si dice, in periodo di nidificazione, discreto ed elusivo per il resto dell'anno, indifferente al contesto piuttosto che diffidente, si rivela (anzi, non si rivela affatto) presenza assolutamente invisibile. Specialmente se nessuno si prende la briga di andare a cercarlo.
Ma nell'autunno 2017 succede qualcosa.
I segnali che lancia la specie sono palesi ed inconfutabili.
Il confine con la Slovenia è manifestamente crollato in più punti.
Ed anche l'ex provincia di Udine è ormai sotto assedio.
Un'avanguardia raggiunge il presidio già conquistato in passato.
Dove le sentinelle allertate sono pronte ad attenderlo ed immortalarlo.




A questo punto un fremito percorre le truppe.
Un mormorio si diffonde, all'approssimarsi dell'inverno.
La Stagione Fredda è alle porte, è l'ora di intervenire.
Sul confine Est della ex Provincia, alla prima parvenza di sospetto, GZ e BD prontamente scattano.
Entrambi scattano, e nell'obiettivo il bersaglio agognato è quello giusto.




Bene, dirà qualcuno, conservando quella dose di inguaribile superbo desiderio di prevalere sugli altri, cosa mai ci sarà di strano in tutto questo, magari sbilanciandosi poi a condire lo svolazzo della mano con l'infondata affermazione che tali luoghi sono risaputi storicamente per la presenza della specie. Nulla di strano, infatti, ve lo concedo, proprio con quella remissiva consapevolezza d'essere ignorante e concedermi il lusso di lasciarmi ancora sorprendere.
Ed anzi, mi tocca confessarvi che non è finita qui.
Perché proprio durante quegli insani pellegrinaggi alla ricerca morbosa dell'invasore alieno di cui trattammo altrove (mannaggia all'Usignolo del Giappone), al termine di un infruttuoso vagabondaggio nel settore sud-occidentale dell'areale dei folletti, durante un momento di debolezza e sconforto, ormai prossimo al tramonto di ogni barlume l'esploratore sconfitto si lascia andare ad un improvvisato richiamo passionale dalle tonalità piciformi.
E per quel dannato Filo invisibile che collega ogni cosa nell'Universo di chi lo segue, lui risponde.
Curioso si avvicina a pochi metri, per poi tornarsene indifferente alle sue attività, l'ennesimo Picchio Rosso Mezzano di questa straordinaria Stagione Fredda Udinese 2017-2018.




Solo una briciola del mondo che ci circonda si rivela alla nostra conoscenza.
La silente invasione del nostro timido picchio è solo un segnale di quanto ci sfugga tutt'intorno.
Ed il suo viaggio prosegue, inosservato o quasi, perché ciò che accade nei mesi freddi spesso prosegue anche nella Stagione Calda 2018, quando GZ riuscirà a confermarne la presenza nel territorio udinese nell'ambiente idoneo per realizzare la sua stabile dimora.



Conservare il cuore e i sensi allertati, rinunciando all'ottusa presunzione di essere onniscienti.
Questo dovrebbe essere lo spirito e l'insegnamento.
Io per lo meno questo lusso di essere ignorante me lo concedo volentieri. (MT)


Mappa della distribuzione della specie in provincia nella Stagione Fredda 2017-'18






L'Usignolo del Giappone, ovvero un folletto alieno sulle colline udinesi

Si sa, gli alieni nella nostra immaginazione assumono le forme più svariate.
Talvolta altissimi e filiformi, alcuni con un testone enorme, altri con occhi incavati invisibili e profondi, per non parlare di quelli con abominevoli tentacoli e terrificanti fauci grondanti d'acido.
Se poi dovessimo suggerire un colore che li caratterizza, il verde tenderebbe a prevalere.
Magari verdastro, non proprio verde, talvolta con delle sfumature alternative, magari giallo arancio?
Ecco, sul colore quasi quasi anche ci saremmo.
Ma se ora vi proponessi l'immagine dell'alieno che ho in mente, qualcuno di voi potrebbe restare spiazzato, per l'eleganza e la vivacità dell'aspetto complessivo risultante.


 


Lo chiamano Usignolo del Giappone, ma i nomi italiani sono spesso fuorvianti.
Giappone o non Giappone comunque, l'Italia non è la sua terra d'origine.
Non posso dire "nativa", perché da anni in Italia ci nasce, in diverse regioni.
Eppure in Friuli, per lo meno in provincia di Udine, li si riteneva Visitors, più che degli Aliens.
La loro storia tuttavia fornirebbe anche un indizio profetico, frammisto alle altre rare e sporadiche osservazioni, nel lontano giugno 2009, quando, durante una passeggiata sotto la pioggia tra Nimis e Monteprato, l'impareggiabile BD riuscì a stanare una famigliola di questi graziosi folletti alle prese con l'allevamento della prole (B. Dentesani - Resoconto Ornitologico del Friuli Venezia Giulia, Anni 2006-2011, C. Guzzon et al., Ed. Museo Friulano di Storia Naturale, Comune di Udine, 2013).
Eppure, dopo quell'insolito, straordinario e solitario avvistamento, un silenzio inquietante pare calare sulla vicenda. Tanto che qualcuno, nei momenti di intimità, si permette di insinuare dubbi sull'effettiva esistenza degli alieni. Lo stesso BD, interrogato a posteriori, confesserà timoroso di non essere mai più tornato sui suoi passi da allora.
Occasionali ed inascoltate (talvolta pur anche inattendibili e mai verificate) giungono testimonianze di avvistamenti (o piuttosto investimenti) di singoli individui nelle adiacenze di località note per le manifestazioni ornitologiche da gabbia e voliera piuttosto che per le tipicità dell'avifauna selvatica locale. E così trascorrono ingenuamente gli anni, quasi una decina, mentre la comunità ornitologica ignara ignora il reale pericolo che incombe nella boscaglia subito alle spalle delle proprie dimore.
Poi, all'inizio 2017, dalla giurisdizione forestale di Tarcento giungono notizie di segnalazioni relative all'anno precedente della presenza di almeno un paio di individui nei dintorni della cittadina.
E stavolta, sfidando il caso e la fortuna, nel marzo 2017 appunto, qualcuno si prende la briga di avventurarsi nell'inospitale ed intricato territorio alieno con l'intenzione di raccogliere testimonianze certe di queste incredibili visioni.
Per la verità va precisato che durante questa prima esperienza l'escursione si svolge lungo un percorso tutt'altro che avverso, lungo una strada asfaltata ai confini di un borgo rurale.
La ricerca in lungo e in largo, apparentemente infruttuosa, anche considerato il fatto che l'esploratore non ha mai visto un esemplare di questa specie straniera e nemmeno ne conosce versi e richiami, dura almeno un'ora. Poi, nell'istante in cui viene aperta la portiera dell'auto per decretare la sconfitta e l'esito infausto della perlustrazione, un versaccio pappagallesco rianima lo spirito dello sconfortato viandante. E nell'intrico tra edera liane e rovi che circonda un enorme castagno compaiono le sagome allarmate di due baldanzosi e saltellanti folletti colorati. Da non crederci, davvero. Gli alieni esistono.



La notizia fa il giro del piccolo globo a disposizione.
Nuovi potenziali suggerimenti vengono forniti su territori da indagare.
Che sia Magnano in Riviera o che sia Montenars, ad ogni approfondimento corrisponde un dato reale di presenza. L'Usignolo del Giappone, indisturbato e inosservato negli anni, sembra davvero aver preso possesso della vegetazione arbustiva nel sottobosco dei castagneti misti dell'intero versante collinare che da Tarcento raggiunge Magnano in Riviera.

Una curiosità a questo punto punzecchia inevitabilmente gli esploratori: che fine avranno fatto gli spiritelli contattati dal nostro BD alle origini di tutto?
Non resta che ripercorre pedissequamente i suoi passi, svolta dopo svolta lungo il sentiero che si inerpica tra vigne, castagni e rovi, e proprio quando il dubbio su quale strada prendere ti assale, la risposta la trovi a portata di mano, anzi, d'orecchio. Uno, due, tre furfantelli in canto pieno.
Niente da dire, dovunque sia atterrata l'astronave, loro sono sbarcati ed hanno invaso efficacemente il territorio, indifferenti al contesto ornitologico che costantemente li snobba.
Considerata la distribuzione dell'ambiente apparentemente frequentato dalla specie, almeno nel mese di marzo, ovvero bosco misto di castagno, con edera, rovo, piante rampicanti e lianose su versante sud a quota 400m, i dati raccolti in una decina di giorni lasciano presagire che la specie sia molto più diffusa del previsto ed abbia colonizzato un territorio decisamente vasto sulle colline prospicenti i centri abitati subito a nord di Udine.




Memorizzato il canto, simile a quello di una capinera avariata ma più regolare, e il soprattutto il verso, molto pappagallesco e quasi inconfondibile se udito nei nostri boschi, l'esplorazione prosegue nelle stagioni 2017 e 2018 nei luoghi collinari idonei, sia nei mesi estivi che nei mesi invernali, con esito altalenante, non tanto per la diffidenza della specie, anzi, per quanto furtivi come animaletti risultano abbastanza ciarlieri quando si manifestano, sebbene non sempre confidenti e talvolta poco fotogenici. Tuttavia inevitabilmente dispettosi a volte restano celati alla vista e all'udito insensibili alle esortazioni e fingono di non essere in casa, per poi comparire di soppiatto e sorprendere alle spalle gli ignari avventurieri. E il risultato di tutto questo trambusto è una mappa dai labili confini in probabile rapida evoluzione che comprende un vasto territorio collinare che dal confine comunale di Gemona del Friuli a Ovest, attraversando i territori di Magnano in Riviera, Montenars, Artegna, Tarcento e Nimis raggiunge i confini comunali di Attimis, Faedis e Povoletto ad Est, con verosimili fughe a Nord verso Taipana e Lusevera, e a Sud verso Buja e Tricesimo, in particolare nei mesi invernali.




L'invasione aliena è dunque in atto e, a quanto pare, inarrestabile...
E voi, abitanti delle colline udinesi e delle immediate adiacenze, mi raccomando, chiudetevi in casa e sbarrate le finestre o correrete il rischio di incontrarli!
Ma se dovesse capitarvi di andare in cerca di castagne, un giorno o l'altro del prossimo autunno, tenete gli occhi e le orecchie aperte, che in mezzo ai cespugli potrebbe esserci il nostro folletto alieno che vi spia da vicino... (MT)

Mappa di distribuzione della specie nei due anni (2017-2018)