martedì 1 luglio 2025

Resoconto Mensile Tringa - Giugno 2025

 

Per forza di cose, questo mese ce l’asciughiamo rapidamente. Anche perché, con questo caldo, l’unica cosa che non si asciuga rapidamente è il sudore. Le nostre energie, il nostro entusiasmo (quel briciolo che resisteva a stento), a tratti anche il nostro sorriso (quello invisibile, che ci portiamo dentro), tutto evapora senza lasciare traccia. E’ il caldo, chiaramente.  In altre lingue, a noi per lo più sconosciute, lo chiamerebbero con nomi diversi, tipo sconforto, delusione, rassegnazione, ma noi preferiamo definirlo semplicemente caldo. L’origine di questo caldo non è univoca, piccole o grandi sorgenti di calore le potete trovare sparse ovunque su tutto il Pianeta, da oriente ad occidente (equamente distribuite, verrebbe quasi da dire), da settentrione a meridione. Ma nella maggior parte dei casi non serve andare tanto lontano, basta affacciarsi al balcone, sporgersi sull’uscio di casa, guardarsi intimamente allo specchio… Perché l’origine di questo caldo siamo noi, ognuno di noi, semplicemente noi. Non ci resta che accettare questa irreversibile ondata di calore, confidando che non riesca ad asciugare l’ultima goccia che ci tiene in vita, quella che da sola farà traboccare il vaso, quella che inumidisce e tinge di speranza (l’ultima) il nostro pennello vagabondo sulla tavolozza del futuro, conservandone (illusoriamente) tutti i colori…

 

I colori della Speranza - Anatra sposa & Mandarina - Disegno di Elia Cristoforetti

Esistono possibili alternative a questo tormento? In questo mese abbiamo provato a percorrerne alcune, con altalenanti risultati. Abbiamo affrontato la notte, nella speranza che il buio potesse celare alla nostra consapevolezza la realtà del giorno. Abbiamo invocato gli spiriti delle tenebre, ma solo in pochi si sono degnati di risponderci, talvolta con controversi (sibilanti) vocalizzi…

 

Civetta nana guerriera sibilante


Dobbiamo confessare, per altro, che gli ospiti della notte, a parità di ambiente, si comportano in modo completamente diverso a seconda dei contesti. Un esempio? In provincia di Pordenone (scusate, EDR, si chiama al momento, ma noi familiarmente la chiamiamo provincia) gli Allocchi si prestano a tenervi compagnia ovunque voi siate (sottointeso, a casa loro).

 

Allocco pordenonese particolarmente collaborativo

Tuttavia, appena si varca il confine della provincia di Udine, verosimilmente per qualche misterioso accordo sindacale, pare che siano tutti quanti in sciopero del silenzio. Potete percorre chilometri, nessuno si degnerà di dedicarvi un briciolo di attenzione. E’ quasi più facile trovare in attività il loro superiore, tal signor Urali (con un piccolo sforzo, anche in provincia di Pordenone…). Interrogato a tal proposito, il nostro referente nel capoluogo regionale (a Trieste) si rifiuta di aprir becco.

 

Allocco triestino in sciopero - Foto di Stefano Sava

Per quanto attraente possa essere l’idea di percorrere costantemente questa oscura via, dobbiamo accettare che l’alba prima o poi ci scoverà, ovunque ci abbia trascinato il nostro tentativo di sfuggire al calore. Puntare in alto non fa parte delle nostre usuali prerogative, ma l’alternativa montana potrebbe dare temporaneo sollievo alle nostre ambasce. Dirò di più, potrebbe addirittura sorprenderci.

 

Raponzolo di roccia bianco - Foto di Matteo Skodler

La Coturnice pordenonese esiste! - Foto di Fulvio Consonni

Piccole, solitarie e, spesso, silenziose creature compariranno per brevi istanti in mezzo alla vegetazione, come effimeri miraggi, a testimonianza di un Universo prossimo a scomparire. Quell’Universo che nei nostri ricordi (non troppo lontani) pullulava di suoni e colori (e di pulli).

 

Merlo dal collare - Foto di Bruno Dentesani

Culbianco - Foto di Simone Scognamiglio

Stiaccino - Foto di Simone Scognamiglio

Crociere esibizionista

Codirossone - Foto di Flavio Consonni

Codirossone in rientro verso casa


Pochi istanti, qualche minuto, forse ore. Poi il caldo (ve lo ricordate?) tornerà ad avvolgere tutto quanto, lasciandoci in balia di uno sconfinato cielo e dei suoi instancabili messaggeri (dalla coda più o meno forcuta).

 

Rondone maggiore - Foto di Flavio Consonni

Ci resteranno ben poche alternative. Potremmo, ad esempio, lasciarci travolgere e distenderci a terra, lasciando che lo sguardo si perda per l’eternità. O, per lo meno, fino all’instante in cui verrà catturato da una sagoma alla quale, facendo presa sulla coscienza residua, ci sforzeremo di dare un nome. Quel nome, a seconda dei casi, potrebbe essere Falco di palude o Falco pecchiaiolo, Biancone o Grifone…

 

Falco di palude - Foto di Bruno Delbianco

Falco pecchiaiolo - Foto di Bruno Delbianco

Biancone - Foto di Ivano Candon

Grifone sul Carso - Disegno di Stefano Sava

Certo ci piacerebbe che quel nome fosse Gipeto. Ma per vederlo dovremmo chiudere gli occhi.

 

Gipeto (altrove) - Foto di Paolo Martinelli

Oppure potremmo azzardare un Avvoltoio monaco. In quel caso però dovremmo rinunciare all’indolenza, alzarci in tutta fretta, provare ad inquadrare in qualche modo la creatura che ci sorvola e scattare qualche foto nella speranza che non sia tutto vano. E che la nostra coscienza non si sia assopita del tutto, rendendoci protagonisti di una onirica illusione.

 

Avvoltoio monaco (senza anelli)

A volte, quella coscienza residua ci tradirà. E il nome a quella creatura glielo daremo una volta tornati a casa. Guardando le foto, come ci insegna Bruno con la Cicogna nera.

 

Il Grifone & la Cicogna nera - Foto di Bruno Delbianco

Oppure dimenticandoci completamente di farlo. Come ci insegna Pulotto, che rientrando sconfitto dall’esperienza montana, stremato dalle avversità, si attardava per strada attratto da una mistica e inaspettata visione (in dialetto Capovaccaio). Sorpreso dall’imprevista esperienza si concedeva una breve pausa all’ombra per verificare cosa fosse davvero rimasto impressionato nei suoi scatti, ma colto da un’amnesia estemporanea, dimenticava completamente l’episodio nel breve istante dello spegnere il motore dell’auto, regalando la consapevolezza di questa sua visione all’oblio. Un colpo di calore?

 

Capovaccaio - Foto di Flavio Consonni

Capovaccaio - Foto di Flavio Consonni

Ci risiamo, il caldo. Proviamo a schivarlo entrando nel bosco. Una volta forse avrebbe funzionato. Adesso il conforto è davvero Picchiolo Picchio.

 

Picchio cenerino - Foto di Massimo Bozza

Picchio rosso mezzano - Foto di Stefano Sava

Picchio tridattilo - Foto di Luciano Silei

Picchio tridattilo in diagonale


Inutile girarci tanto intorno, il Nocciolo della questione è che anche qui sopravvivono solo invisibili fantasmi.

 

Nocciolaia - Foto di Simone Scognamiglio

Che soluzione abbiamo? L’unica soluzione possibile, quella liquida e acquosa. Andiamo a fare un tuffo?

 

Testuggine palustre europea pronta al tuffo - Foto di Massimo Bozza

Merlo acquaiolo indeciso - Foto di Stefano Sava

Il tuffo della Garzetta - Foto di Ivano Candon

Fistione turco "io mi sono già tuffato"

Fistione turco - simmetria spazio temporale

Piccoli Fistioni turchi crescono - Foto di Marta Trombetta

Persico sole "noi ci siamo già tuffati da tempo" - Foto di Stefano Sava


Ecco, a proposito di Tuffi e di Soluzioni, avete una settimana di tempo per risolvere il quiz mensile.

 

Foto Quiz Giugno

Ripartiamo. La nostra meta è l’acqua. Per raggiungerla dobbiamo attraversare lo sconfinato deserto senza riparo che separa le alture dalla costa. Non sarà facile, ad ogni passo potremmo essere vittime sacrificali del destino alato.

 

Scoiattolo allo scoperto - Foto di Ivano Candon

Indovina la preda del Falco di palude - Foto di Ivano Candon

Airone guardabuoi & la fine del topastro - Foto di Stefano Sava

Se vogliamo sopravvivere dovremo fare periodiche tappe, all’ombra dei cespugli.

 

Occhione - Foto di Simone Scognamiglio

Cosa ci aspettiamo di trovare in mezzo a questi cespugli? Il fruscio del vento caldo, forse, qualche insetto e poco altro.

 

Impollinatore massiccio - Foto di Bruno Delbianco

Il Macaone - Foto di Bruno Delbianco

Intimità rude - Cervi volanti - Foto di Massimo Bozza

Un tempo forse saremmo rimasti ammaliati dal melodioso canto di un instancabile Usignolo. Melodioso? I tempi sono davvero cambiati. Magari l’Usignolo nei cespugli ogni tanto lo si trova pure, ma definirlo melodioso mi pare un tantino azzardato…

 

Canta Usignolo - Foto di Bruno Delbianco

Gracchia Usignolo


Oltre a lui, ad ogni modo, poco altro troveremo. Un Canapino, uno Strillozzo, un Saltimpalo, un Occhiocotto…

 

Canapino comune - Foto di Stefano Sava

Strillozzo imbeccante - Foto di Simone Scognamiglio

Saltimpalo giovinastro - Foto di Bruno Delbianco

Occhiocotto accaldato - Foto di Simone Scognamiglio

I piccoli e grandi passeriformi superstiti stanno nidificando. Diventano invisibili e sfuggenti. Anche quelli che, normalmente, con il loro canto malinconico riescono a commuoverci da molto molto lontano (nello spazio e nel tempo).

 

Il nido del Rigogolo - Disegno di Elia Cristoforetti

E qui tocchiamo un altro di quei tasti dolenti (e bollenti). Il nido. Sarebbe bello una volta per tutte dire una frase semplice e chiara, che non indispettisca nessuno (gravida di quel buon senso che l’essere umano ormai vuole soltanto dimenticare). “Trovare un nido, molto spesso per caso, e dedicargli qualche secondo per fotografarlo non è un dramma. Nemmeno condividere lo scatto è un dramma.” Sarebbe così semplice.

 

Il nido del Pigliamosche - Foto di Ivano Candon

Ma gli esseri umani non riescono a vedere la differenza tra uno scatto innocente e uno persecutorio, di quelli realizzati modificando la vegetazione intorno (o addirittura modificando l’apertura del nido, nel caso dei picchi) per realizzare scatti migliori. La stessa differenza che c’è tra documentare e mettere a rischio il successo riproduttivo della coppia / specie (in buona fede, a volte, ma senza riflettere adeguatamente su quello si sta facendo e sulle conseguenze che potrebbe comportare). Accanirsi pur di ottenere ciò che si vuole e pazienza se la nidiata andrà persa. Ci perdonerete, spero, se non condividiamo questo atteggiamento. Preferiamo restare alla larga da simili strategie. E dai nidi. Documentandoli comunque, quando opportuno, perché resti testimonianza oggettiva di quanto realmente accade. Anche quando si tratta di una specie non particolarmente attraente (per usare un eufemismo).

 

Ibis Eremita & Nidificazioni industriali - Foto di Marta Trombetta

Che poi, per quanto ne sappiamo, molti dei nostri scatti, involontariamente, potrebbero essere “foto al nido”. Da dove sarà sbucata la Passera mattugia? E quella strana Taccola (con un marcato collarino chiaro… ) cosa custodirà all’interno della fessura da cui si affaccia?

 

Passera mattugia triestina - Foto di Stefano Sava

Taccola dal collarino - Cucù - Foto di Massimo Bozza

A volte poi, senza accanirsi, basterà attendere con pazienza. Saranno i giovanotti ad attirare la nostra attenzione una volta fuori dal nido. Si chiamino Passeri solitari o Falchi pellegrini, li troveremo posati sulle medesime rocce, a picco sull’acqua, pronti a sorprenderci con le loro acrobazie. (Video di Simone Scognamiglio)

 

Giovani Falchi pellegrini - Foto di Flavio Consonni

Giovane Falco pellegrino - Foto di Flavio Consonni

Giovane Falco pellegrino - Foto di Simone Scognamiglio


Passeri solitari - Foto di Flavio Consonni

Passero solitario - Foto di Flavio Consonni


E siamo infine arrivati alla nostra destinazione. Il confine estremo tra Terra, Acqua e Cielo. Il Fuoco ormai ce lo portiamo dietro (e dentro) dall’inizio del viaggio. Anche qui le visioni, deformate dal riverbero, assumono strane forme. Creature improbabili compaiono solo il tempo di uno scatto per poi tornarsene nell’ignoto Universo da cui spesso provengono.

 

Oca del Canada (o di chissà dove) - Foto di Angelo Formentin

Casarca e uno - Foto di Angelo Formentin

Casarca e due - Foto di Angelo Formentin

Casarca e via!- Foto di Flavio Consonni

Altre, per una singola frazione di secondo, ci ricordano che siamo in grado di percepire solo un infinitesimo di quanto realmente ci circonda.

 

Totano zampegialle minore - Foto di Angelo Formentin

Possiamo provare a sederci per un attimo, immergendo i piedi nell’acqua (ma non aspettiamoci di trovarla fresca, al massimo sarà tiepida…) e cerchiamo di capire cosa sta succedendo. In che mese siamo, giugno? Molto bene. Tanto per cominciare c’è una Gavina di troppo.

 

Gavina spelacchiata estiva - Foto di Flavio Consonni

Poi, quei due Gabbiani rosei adulti come li consideriamo? Due vagabondi? E del Gabbiano Tridattilo vogliamo parlare (video di Matteo De Luca)?

 

Gabbiani rosei & Co. - Foto di Angelo Formentin


Su Sterne comuni e Gabbiani comuni non abbiamo molto da dire. Le prime ci provano, in qualche modo, a tirare avanti la stagione, i secondi hanno sempre meno velleità.

 

Gabbiano comune - Foto di Simone Scognamiglio

Sterna comune - Foto di Stefano Sava

Sterna comune - Foto di Bruno Delbianco

Sterna comune - Foto di Simone Scognamiglio

Ma le Sterne zampenere… Da anni ci poniamo degli interrogativi e quelli, negli anni restano. Ci viene da sorridere al pensiero che decine di loro ci tengano compagnia per tutta l’estate senza che delle loro reali intenzioni ci sia dato modo di avere contezza e testimonianza oggettiva. Ma sorridiamo, perché ci illudiamo che continuino a conservare il loro segreto lontano da occhi indiscreti.

 

Decinaia di Sterne zampenere & Co. - Foto di Angelo Formentin

Sterne zampenere in parata - Foto di Angelo Formentin

Sterne zampenere in parata - Foto di Angelo Formentin

Sterne zampenere in parata (e oltre) - Foto di Angelo Formentin

In passato avevamo puntato un nichelino anche sulle Sule. Ora, l’unica solitaria superstite sembra interrogarsi anche lei perplessa sul futuro…

 

Sula & Ombre vaghe - Foto di Simone Scognamiglio

Sulle Sterne maggiori non ci siamo ancora pronunciati, anche se periodicamente a fine stagione compaiono (da chissà dove) adulti perseguitati da giovani reclamanti cibo. Forse sarebbe tutto più chiaro se riuscissimo a decifrare i loro anelli…

 

Sterne maggiori inanellate - Foto di Angelo Formentin

Gli anelli. Altro discorso davvero delicato. L’inanellamento a scopo scientifico (insieme ai GPS, un caso tra tutti quello degli Ibis eremita, ma ci sono anche i Picchi tridattili e molti altri messaggeri alati…) da decenni continuano a fornirci informazioni fondamentali per conoscere le strategie migratorie e riproduttive dei nostri paladini.

 

Beccaccia di mare "E io da dove arrivo?"

Anche in questo caso ci piacerebbe poter pronunciare una semplice frase come quella sulle foto al nido. Ma respireremo a fondo, ci concederemo la pausa per un sorriso (sofferto) e, restando in silenzio, vi doneremo l’ultima foto del nostro viaggio di giugno, insieme al consueto riassunto delle (asciutte) segnalazioni più interessanti del mese trascorso. 



L’ultima foto è la foto di un amico. Un amico che ci ha tenuto compagnia durante la scorsa stagione invernale, per poi fare ritorno alle sue terre d’origine. Questo nostro amico si chiama E7. E’ un Fratino ungherese. Uno dei pochi (?) Fratini ungheresi. E’ ricomparso da qualche giorno a Bibione (Ve). Lo attendiamo in Spiaggia Fratino, quando vorrà. Insieme a chi di noi, in quella Spiaggia, avrà ancora il cuore (e non, egoisticamente, altro).

 

Fratino E7 - Foto di Sofia Margarit

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