lunedì 28 ottobre 2019

Tinìa U Trattinu! Un VIREO OCCHIROSSI a Linosa (Ag)


Non posso raccontarvi Linosa in poche frasi, mi prenderò il tempo necessario per farlo con la dovuta cura. Però potrei fornivi un antipasto. Vi racconterò la fantomatica storia di "U Pinocchiettu".

Andrebbe fatta una breve introduzione per ambientarvi in un contesto altrimenti difficile da comprendere. Quello del birdwatching peripatetico estremo e letargico allo stesso tempo, che si concede la pignoleria di indagare dietro ogni frammento microscopico di vegetazione, dentro ogni bisbiglio nel vento, in sguardi persi nel vuoto lunghi ed interminabili, a rincorrere ogni impercettibile movimento, a scandagliare ogni anomalia nel creato indistinguibile ad occhio umano. Ecco. Fate conto che questa sia l'introduzione. Ed immergetevi in questo inverosimile contesto. Tra i cespugli, nella macchia, in mezzo alle spine dei ficupala. Fate voi.

Immaginatevi che sia un lunedì mattina, il 21 di ottobre, in un orario prossimo al sorgere del sole dall'anfratto tra il Monte Vulcano e la Montagna Rossa, mentre vagate perplessi nella Valletta Interna al limite del Lato Oscuro, camminando tra piante cespugliose che nella mia memoria non hanno nome, solo consistenza inestricabile e ombre lunghe che lentamente vengono dissipate dal bagliore che si prospetta sempre nella direzione opposta allo sguardo. Ottuso, cieco e persistente.

Qui, in un istante imperdonabile, si materializza lo smarrimento cosmico.

Cominciamo dal Saltimpalo che compare poco distante appeso al solito al suo filo d'erba. Accanto a lui una sagoma simile in tutto, tranne nel capo. Quello che inquadro è un Saltimpalo con tutti i colori della testa fuori posto. Un Saltimpalo con la faccia da pagliaccio. Anzi, da Pinocchio, con un cerchio bianco a contornare le guance. Un'immagine incomprensibile alla mia mente che non somiglia a nulla che io abbia mai incontrato. Da ora in avanti questa entità prenderà il nome di "U Pinocchiettu". Che, mentre impugno la macchina fotografica per immortalarlo, viene scacciato inesorabilmente dal suo consimile dall'aspetto anonimo. E scompare.

Con le ginocchia che cedono e i pensieri che vagano tra ipotesi di saltimpali esotici e codirossi d'altre terre, nessuno simile all'immagine che il riverbero ha stampato nella mia retina, immobile, pietrificato e mortificato, girando sconfortato lo sguardo sconsolato, esploro le immediate vicinanze con il binocolo alla sua ricerca. E nel cespuglio a pochi metri da me inquadro una sagoma completamente diversa. Un luì molto più robusto di tutti quelli che io abbia mai visto finora, dal corpo bianco candido, il dorso e l'ala verde verdastro, un sopracciglione bianco evidente che contrasta con lo scuro della testa. Provo in tutti i modi a far tornare i dettagli con qualche immagine a me nota, sia pure una abominevole Calliope, ma non ci siamo. Un flash inconscio e demoniaco mi sibila "Guarda, l'unica cosa a cui potrebbe assomigliare è un Vireo". L'animale intanto mi guarda, percepisce la mia frustrazione, se ne compiace, e nel giro di un secondo mi sberleffa eclissandosi nel fitto fogliame. Ottimo. Due allucinazioni in meno di un minuto. Niente male davvero.

Le ginocchia ormai hanno ceduto. Mi viene da piangere. Sovrastato dai richiami frastornanti dei Beccamoschini che mi circondano, scrivo a Pulotto accennandogli il mio dramma e cercando conforto. Lui sta facendo il giro dal lato del paese, non percepisce nella massima intensità la mia crisi, mi raggiungerà quando possibile. Sperduto e traumatizzato valuto la possibilità di mandare un improbabile messaggio anche agli altri, che suoni più o meno così. "Nella valletta interna, due allucinazioni nel giro di un minuto. Un saltimpalo con la testa con tutti i colori fuori posto, con la faccia da pagliaccio. E una bestia strana, un grosso luì con un sopracciglio bianco e nero (un flash, mi ha fatto pensare a un Vireo). Entrambi spariti. Mi fermo a cercarli". Lo invio. A Luca (Giussani) che mi risponde fiducioso "Azz. Speriamo ricompaiano!" e ad Andrea (Corso), ignaro che lontano da casa non ha traffico dati e che non lo riceverà mai. Vago disanimato per un tempo indefinito. Pulotto mi scrive "Andrea sta entrando nella Valletta". Lo vedo e mi avvicino, convinto che abbia ricevuto il mio messaggio. Gli descrivo prima U Pinocchietto. Mi guarda strabuzzando gli occhi, convinto insindacabilmente che io sia in preda agli effluvi del concentrato di cacao che mi sorbisco a colazione. Poi gli descrivo la seconda scena. Mi guarda perplesso ma accigliato e mi domanda se poteva essere un Vireo. Scopriamo così che non ha letto il mio messaggio, che l'incontro nella Valletta è sostanzialmente casuale e che forse vale la pena approfondire la cosa. Mi dice di scordarmi U Pinocchietto e concentrarmi sull'ipotetico Vireo. Io tremo al pensiero che U Pinocchietto l'ho visto bene, che un saltimpalo è più facile da stanare, e non ho coraggio di dirgli che quello del Vireo poteva essere soltanto un abbaglio, che chissà cosa mi sono immaginato. Ad ogni modo siamo in ballo. E balliamo. Per un paio d'ore. Per rincuorarmi cerco in rete qualche immagine di Vireo Occhirossi. Effettivamente... "Non pensarci nemmeno!". Tra lentischi, spine e vegetazione endemica di Linosa, trascorriamo le due ore successive. Senza successo. Pare che ogni volatile sia scomparso dal Pianeta Terra. Due Luì forestieri ci deridono da lontano. Messaggi alienanti segnalano la presenza di un Ciuffolotto Scarlatto al Campo degli Zigoli. Sono indeciso se dedicarmi al certo per l'incerto, quando Pulotto mi conferma che il Ciuffolotto è già volato altrove. Concordo tuttavia con Andrea di allentare la pressione venatoria all'ignoto e di riprovarci più tardi. Ci separiamo poco convinti. Continuiamo a percorrere la Valletta, un metro alla volta. Altrove. Dieci minuti neanche da quando ci siamo salutati, e tutto ricapita, anzi, ricapitola. A meno di un metro dal mio naso tra le fronde percepisco un movimento. Inquadro un vistoso sopracciglio bianco e nero su una sagoma bianca e verdastra. In una frazione di secondo devo decidere tra le tre opzioni disponibili. Due utili e una drammatica. Chiamare Andrea per comunicargli che ho ricontattato l'alieno nella speranza che arrivi in tempo per osservarlo, ma devo distogliere lo sguardo per recuperare il telefono dalla tasca. Accendere la macchina fotografica e cercare di scattare qualche foto nella vana speranza di inquadrarlo, rischiando di perderlo per sempre ma con il beneficio di una testimonianza inespugnabile. Oppure. Oppure la più rischiosa e terribile delle scelte. Osservarlo a binocolo mentre saltella tra i rami, si sposta sul cespuglio vicino, si concede allo scoperto per qualche lungo lunghissimo interminabile istante. Tanto da fornirmi un'unica ed inconfutabile certezza. E' un VIREO OCCHIROSSI e io sono un dannato pirla. Consapevole e certo della sua essenza, ma non per questo meno pirla. Mentre recupero il telefono per chiamare Andrea, l'animale scompare. "Andrè, è un VIREO". Non riesco a dire altro. "CE L'HAI ANCORA???". Gli rispondo a voce perché nel frattempo si scapicolla tra muretti e cespugli e mi raggiunge. A Pulotto e Luca mando un messaggio dislessico "E un Vireo". Senza accento. Nessuno dei due capisce. Poi qualcun altro li avvisa. Comincia la concitazione. La Valletta si anima di presenza umane. In religiosa attesa.

Ora. Da un lato, quello spirituale, sono assolutamente tranquillo. L'ho visto, so cos'è, pazienza, nessuno mi crederà se non lo ritroviamo, ma almeno mi consolo che una delle due allucinazioni era una visione reale. Dall'altro lato, quello corporeo, sono turbato dal pensiero che qualcuno mi immolerà dopo avermi torturato con pratiche rituali dimenticate da generazioni se per uno sciagurato evento tra tutti i presenti dovessi osservarlo per la terza volta io, e nessun altro. Mi siedo in disparte invocando le divinità volatili di permettere a qualcuno dei presenti di testimoniare i miei vaneggiamenti. Il silenzio, inframezzato da sane imprecazioni, pervade l'aria. Mi domando che senso abbia che io resti seduto immobile ad attendere l'ineluttabile. Ed in quel preciso istante, ancora una volta, una sagoma chiara con un sopracciglio inconfondibile compare a un metro da me. Ho solo la forza di gridare "E' QUI! VIENE VERSO DI VOI". Andrea e Pulotto si fiondano dalla mia parte, poi fuggono dall'altro lato. Mi accascio al suolo. Sento scorrere i secondi ad uno ad uno, per secoli, fino a quando un esile e tremante voce, dall'altro lato della giungla, bisbigliando comunica l'inverosimile "Ce l'ho...!".

Sorrido. Vi lascio solo immaginare il sollievo. Non so cosa stia succedendo ma l'unica frase che percepisco mi basta. Un'imprecazione suina ad una nobile madama precede l'affermazione "... è davvero un Vireo...". Mi rialzo. Faccio il giro dei cespugli. Come un ebete raggiungo gli altri. Andrea mi abbraccia. Luca l'ha addirittura fotografato! Ci sono anche Luciano (Gelfi), Luca (Nigro), Marco (Tortarolo) e Menotti (Passarella). Miky e Pulotto non sono soddisfatti del frammento di visione. Lo cerchiamo ancora. E lui ricompare. Stavolta gli scatto anch'io delle stupefacenti immagini. Stupefacenti davvero. In una un cespuglio.
 

 
Nell'altra dei rami. Svolazzanti.
 

 
Lorenzo (Starnini) non l'ha visto. Ma la sua filosofia è equilibrata e condivisibile. "Se lui non vuole farsi vedere da me, per me è reciproco". 

La verità è che sono contento che l'abbiano visto anche gli altri (con il rammarico che un mare ostile l'abbia precluso, per ora, ad OJ e allo Zio Raimondo). E sarò grato a tutti quanti i presenti per questo. Il resto è contorno e casualità.

Mando un messaggio per comunicare l'avvistamento al mondo esterno. Poi una strana voce comincia a risuonare nell'aria. "TINIA U TRATTINU! TINIA U TRATTINU!" E io penso di aver scritto OCCHIROSSI nel modo errato. Che il trattino andasse tra OCCHI e ROSSI. Neanche mi passa per la testa che la frase si riferisca a quel simbolo che compare sulle guide accanto al nome, indicandone la fenologia (precedente) in Italia.

Nel pomeriggio non si farà trovare. Il giorno dopo comparirà nuovamente per qualche istante. Lo fotograferà anche Andrea. Il tempo di farlo prima che scompaia. Mercoledì mattina decido di ritentare la sorte. Mi avvicino al luogo del misfatto nell'istante esatto in cui Marco comunica al telefono agli altri che si è appena fatto vedere. Mi dirigo al lato oscuro dei cespugli. In tempo per l'ultimo appuntamento. Solo qualche frazione di secondo. Poi il nulla. Non sperate che le immagini siano a fuoco. Non lo sono nemmeno i miei occhi.
 





Questa è solo una parte della storia. Quella che, parafrasandolo, OJ voleva che gli raccontassi "perché solo io potevo trasformare una simile vicenda in un terribile dramma".

Tuttavia questa storia, stranamente, ha un lieto fine. Inaspettato. Torniamo all'inizio. Ho detto che vi avrei raccontato la storia di U Pinocchietto, non del Vireo. Nella tradizione degli Sciamani Yaqui nel Messico dei tempi andati si narra che nei sogni lucidi si presentino inevitabilmente delle entità indicatrici, degli esseri fantastici ed innaturali che ci rivelano la consistenza della nostra consapevolezza nel sogno, attivando quella parte del nostro conscio inconscio, come un semaforo che ci segnala "Stai sognando, d'ora in poi ne sarai consapevole, e potrai scegliere cosa sognare". Ecco. Per un attimo, ve lo confesso, ho pensato che U Pinocchietto fosse un'entità innaturale, piovuta sulla terra in quell'esatto istante per dirmi "Stai fermo lì e guardati in giro, hai un appuntamento col tuo destino". In fondo, non mi sarebbe dispiaciuto affatto fosse stato davvero così. Ma in fondo sono un gretto inguaribile materialista. Magari un tantino esoterico e sentimentale. In sostanza, quello stesso mercoledì Andrea è riuscito a fotografare anche U Pinocchietto. Un saltimpalo parzialmente albino con la faccia da pagliaccio. Altro che sciamano.

Due visioni, in un minuto, e tutte e due reali. Questa è Linosa. Altroché. Grazie MISC e Ospiti Tutti. Ah. Giusto una precisazione. Il Nesquik lo metto solo nel latte caldo a colazione. Che non vi vengano strane idee.

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