Siamo sotto assedio, protetti da
fragili difese che resistono a stento al bombardamento nemico. Talvolta cedono,
rendendoci ancor più vulnerabili, costretti a rintanarci all’interno di mura concrete
e reali, isolandoci dal mondo, dagli affetti, dalla vita. Non importa quale sia
il colore che dipinge le nostre attuali giornate, i nostri movimenti sono (e
devono esserlo) necessariamente limitati e solitari, per concedere al futuro di
conservare l’arcobaleno che comunque si merita. Ma questo non significa cedere
senza combattere. C’è ancora un varco, uno spiraglio, dal quale un misero
raggio di luce continua a trapelare. C’è quel briciolo residuo di energia che
ci anima ancora. E come un diavoletto (o forse l’ultimo angelo sopravvissuto
cavalcando il suo drago) ci sussurra all’orecchio la nuova strategia. Perché
anche uno spazio infinitesimo, che sia l’affaccio da un balcone, il perimetro
di un cortile o un misero frammento di territorio comunale, non dobbiamo
rinunciare a lasciarci meravigliare. Proverò a raccontarvelo così allora, dicendovi
che per questa Stagione Fredda, iniziata il 15 novembre, avevamo (noi compagni
di merende Tringa) il chiaro sentore che non sarebbe stato possibile continuare
a perlustrare liberamente le lande provinciali come avevamo fatto fino agli anni precedenti. Ancor prima di conoscere ufficialmente il nostro destino,
avevamo ipotizzato di concentrarci sul territorio comunale, in particolare su
quello di Udine. Il 15 novembre il colore Arancione ha confermato le nostre
amare prospettive, esiliando i singoli avventurieri, senza tuttavia privarli
della curiosità di esplorare. Così, ognuno a modo suo, stiamo realizzando i
nostri Atlanti Comunali Tringa della Stagione Fredda 2020 - 2021 (15 novembre –
15 febbraio), raccogliendo i dati di presenza di tutte le specie nei singoli
quadranti 1km x 1km. Non abbiamo alternative in fondo, eppure seguendo quell’invisibile
Filo che collega ogni cosa, anche stavolta siamo riusciti, banalmente, a sorprenderci.
Spero di riuscire a dimostrarvelo. Domenica mattina, oggi 22 novembre. Puntate
il dito più o meno a caso lungo il confine nord del comune di Udine, in un
quadrante che ne include solo qualche centinaio di metri quadrati.
E andate a
trascorrere lì i primi gelidi momenti della giornata. Perché non è solo un
numero quello che il termometro indica sul cruscotto. E’ un’entità che travolge
completamente il vostro corpo.
Che poi il periodo è disarmante, non solo dal
punto di vista umano. Buona parte dell’avifauna sembra essere stata annientata
da una pandemia ancor più devastante. Passano i minuti, ne perdo il conto,
forse un’ora, avanti e indietro in pochi metri, qualcosa compare, qualcosa
vocalizza. Qualcosa batte su un tronco, ma il tronco è quello di una acacia
rinsecchita e spoglia, priva di qualsiasi essere vivente appeso su di lei.
Eppure qualcosa batte sul tronco. Sembra di sentire l’eco dei calci e pugni di
Merry e Pipino intrappolati all’interno del Vecchio Uomo Salice. Sono
sbalordito, non c’è nemmeno il vento che giustifichi il rumore di un ramo sbatacchiante.
Poi mi accorgo che c’è una fessura tonda, scavata di fresco. Non faccio in
tempo a pensare che sia la porta di accesso all’anima dell’acacia che lo
spiritello misterioso si affaccia al suo balcone.
Basterebbe questo incontro a
meritare il premio meraviglia della giornata. Se non fosse che mentre ci
contempliamo, il mio orecchio registra, altrove, un vocalizzo che credo di
conoscere, ma che il mio inconscio preferisce catalogare come uno scricciolo
sfegatato. Resto perplesso. Ascolto sul telefono il richiamo che penso di aver
sentito. Corrisponde, ma non è verosimile. Ascolto i vocalizzi dello
scricciolo. Dai, ci sta, mi sono sbagliato. E in risposta a questi vocalizzi, l’ignoto
ospite dello striminzito lembo di terra in cui mi trovo replica con il suo
verso. Non ci siamo proprio, non so perché lo infastidisca lo scricciolo, ma
lui scricciolo non è. Resto immobile, più che altro perché sono congelato.
Cerco di capire dove si nasconda. Mi guardo in giro. Per una frazione di
secondo intravedo una gola bianca sotto una testa nera in un microscopico
cespuglio. Aspetto. Mi accovaccio. Provo ad imitarlo. Niente. Nemmeno al
richiamo ufficiale presta interesse. Poi, mentre ormai sono diventato parte
integrante dei cristalli di ghiaccio e brina che ricoprono ogni cosa, spunta
fuori su un arbusto più spoglio. E non posso continuare a far finta che non sia
un OCCHIOCOTTO.
Devo fare una piccola
digressione. Anzi due. La prima riguarda l’ambito fotografico. Ci sono persone
in grado di realizzare foto meravigliose, dimostrando tutta la loro
preparazione, bravura, impegno e dedizione. Queste foto sono testimonianze
insostituibili della bellezza dell’universo che ci circonda. Ci fanno sognare,
ci riempiono gli occhi e il cuore. Eppure. Eppure nella maggior parte dei casi
sono scatti cercati, voluti, preparati, conquistati. In questo modo però annientano
quell’unico istante in cui si manifesta e realizza l’emozione di una scoperta. Quell’emozione
che un fotogramma rubato, sfuocato, scentrato invece riesce a conservare,
restituendocela integra ogni volta che lo osserviamo, ed in grado di donarla immutata
a tutti coloro che condividono il medesimo spirito di esplorazione ed hanno
vissuto momenti simili. Certo, con specie meno banali dell’OCCHIOCOTTO. E qui
la seconda digressione. No, dico, ma un OCCHIOCOTTO in comune di Udine a fine
novembre? Ma se in anni ed anni di ricerche siamo riusciti a confermarne la
presenza stabile in provincia di Udine solo sulle isole lagunari, e lui si fa
trovare durante la raccolta dati per l’atlante comunale della Stagione Fredda?
Capirete perché era necessario che gli scattassi una foto, qualunque foto
fosse. Giusto per schivare anche per stavolta la nomea di mitomane (che spetta
meritatamente ad altri, con i quali non intendo affatto competere). Se questo
non basta a giustificare i pessimi scatti, in cui non riesco nemmeno a
centrarlo, ricordate che le mie mani da circa un’ora erano infilate nello
scomparto dei ghiaccioli.
Tutto qui. Volevo solo provare a
condividere con voi questa esperienza, questa idea, questa iniziativa. Di non
lasciarci travolgere. Di andare avanti. Un passo alla volta. Dal balcone. Dal
giardino. Dal quartiere. Dal comune, se la libertà ci è concessa. Che poi anche
dal balcone, volendo, i quadranti chilometrici accessibili possono essere più
di uno.
Pazienza se davvero anche l’avifauna sembra estinta, se nelle ore
centrali della giornata sembra di essere diventati insensibili a suoni e colori
(piuttosto che a gusti e odori), se gli unici passeriformi che ancora resistono,
oltre a gazze e cornacchie, sono fringuelli, pettirossi e PASSERE SCOPAIOLE.
Ops. Forse ho sbagliato foto. Comunque,
questo è il nuovo progetto Tringa. Gli Atlanti Comunali della Stagione Fredda.
Almeno quello di Udine. E chiunque capiti volente o nolente in zona Udine (contattateci!)
può fornire il suo contributo, purché il suo intento sia quello di partecipare
umilmente, senza presunzione e senza arroganza (come già detto, no mitomani
perditempo, grazie). Perché il nostro desiderio è sempre quello di accrescere
la conoscenza e condividerla in tempo (quasi) reale. Così, giusto per darvi un’idea,
nel comune di Udine, in una settimana di ricerca vincolata da impegni
lavorativi, restrizioni nei movimenti più o meno forzate, condita da sensazioni
e pensieri inevitabilmente opprimenti, siamo riusciti a coprire quasi l’80% dei
quadranti, i dati raccolti sono già oltre 2000 e le specie contattate
addirittura 80 (manca ancora il dannato Picchio muratore!), alcune delle quali
potete osservarle qui sotto, prima della check list, in una carrellata di foto e
video orribili ma che testimoniano l’istante esatto della scoperta. Così la
COLOMBELLA e lo ZIGOLO MUCIATTO sono nascosti dal buio, l’AVERLA MAGGIORE è il
profilo di una sagoma oscura, la FOLAGA e il MIGLIARINO DI PALUDE sono nascosti
dai rami, lo ZIGOLO NERO è infrattato nell’erba, il CARDELLINO è di spalle, il
TUFFETTO nasconde la testa sott’acqua come lo struzzo, il MARTIN PESCATORE è in
trappola dietro un recinto, l’ASTORE è un puntino sciamato dalle CORNACCHIE, il
FALCO PELLEGRINO è un crudele predatore su un riverberante traliccio, il REGOLO
è appeso capovolto, il FIORRANCINO è un movimento tra le fronde, gli AIRONI
GUARDABUOI sono scomposti, il PICCHIO ROSSO MINORE e la TOTTAVILLA guardano
dalla parte sbagliata. Solo lo ZIGOLO GIALLO rimane immobile a pochi metri, in
quel suo piumaggio ambiguo quasi da nero che rende “gli zigoli brutte persone”
(cit.). Ma almeno nel video manifesta la sua originale vocalità. Io però mi
auguro che apprezziate lo sforzo. E che siate dei nostri. Ovunque siate.
- ALZAVOLA
- Germano reale
- Fagiano comune
- TUFFETTO
- Cormorano
- AIRONE GUARDABUOI
- Airone bianco maggiore
- Airone cenerino
- ASTORE
- Sparviere
- Poiana
- Gheppio
- SMERIGLIO
- Falco pellegrino
- Gallinella d’acqua
- FOLAGA
- BECCACCIA
- Gabbiano comune
- Gabbiano reale
- Piccione domestico
- COLOMBELLA
- Colombaccio
- Tortora dal collare
- Civetta
- GUFO COMUNE
- MARTIN PESCATORE
- Picchio verde
- Picchio rosso maggiore
- PICCHIO ROSSO MINORE
- Cappellaccia
- Tottavilla
- Allodola
- Pispola
- Spioncello
- Ballerina gialla
- Ballerina bianca
- Scricciolo
- Passera scopaiola
- Pettirosso
- Codirosso spazzacamino
- Saltimpalo
- Merlo
- Cesena
- Tordo bottaccio
- Tordo sassello
- Tordela
- Capinera
- OCCHIOCOTTO!!!
- Luì piccolo
- Regolo
- Fiorrancino
- Codibugnolo
- Cincia mora
- Cinciarella
- Cinciallegra
- Rampichino comune
- AVERLA MAGGIORE
- Ghiandaia
- Gazza
- Taccola
- Cornacchia nera
- Cornacchia grigia
- Storno
- “Passera d’Italia”
- Passera mattugia
- Fringuello
- Peppola
- Verzellino
- Verdone
- Cardellino
- Lucherino
- Fanello
- CIUFFOLOTTO (TROMBETTIERE)
- CROCIERE
- Frosone
- Zigolo giallo
- Zigolo nero
- Zigolo muciatto
- Migliarino di palude
- Strillozzo