Che poi c’è sempre quella vocina
che ti sussurra all'orecchio “Perché insisti? Accontentati di valorizzare la
superficie, l’apparenza, l’immagine. Rinuncia alla sostanza, alla concretezza,
alla verità. Non vedi? Funziona da sempre, perché cambiare?”. E tu ascolti
quella vocina, consapevole di non avere alternative, di non averne mai avute, e
sorridi. Prendi l’ennesimo rospo che ti hanno dato in pasto, lo accarezzi, e lo
riponi sotto una pietra, al fresco, affinché almeno lui, il tuo, sopravviva
incolume ai succhi gastrici. Poi torni sui tuoi passi, a raccontare
l’arcobaleno, memore della tempesta che lo ha generato, schiantando passione ed
entusiasmo. “Non è vero, quelli non ci sono mai stati. Tu limitati a raccontare
l’arcobaleno. Conta solo quello”.
|
Foto di Silvano Candotto
|
Mentre il cannocchiale scandaglia il
territorio alla ricerca di accidentali intrusi, l’occhio si sofferma sulle
zampe di un immaturo di CORRIERE GROSSO e scorge due anelli, all’apparenza
entrambi color arancio. Subito il pensiero corre a Silvano, che da appassionato
di anelli ovviamente al momento non si trova nei paraggi. Un SMS lo raggiunge
per avvisarlo e la sua risposta è immediata “Arrivo appena possibile, tu intanto
LEGGILO!”. Leggilo? Leggilo cosa? Ingenuamente l’osservatore, che quasi mai si
sofferma sulle zampe degli animali che osserva, si era accontentato della
constatazione che il corriere avesse due anelli colorati agli arti inferiori.
Possibile che ci sia anche qualcosa da leggere? Ricomincia la ricerca della
bestia che nel frattempo chissà dove è andata a nascondersi. E invece no. E’
proprio di fronte all’osservatorio. Ed effettivamente uno dei due anelli forse
non è arancio. Forse è rosso. Forse ha una scritta bianca. Ma leggerlo? Sul serio? Stiamo scherzando? C’è
anche un anello metallico più in alto, ci mancherebbe solo di dover leggere
quello. Il cannocchiale scruta le zampe, ma i piedi sguazzano nel torbido, il
riverbero incombe, la vista si annebbia. Provo a scattare qualche foto.
Silvano tarda. Ma l’animale è tranquillo, anzi, si
avvicina. Si avvicina a tal punto che è la bestia più vicina all’osservatorio.
Ancora qualche passo e potrebbe entrare dalla finestra. A questo punto il
messaggio è palese. Vuole che io legga l’anello. Alza le zampe fuori
dall’acqua. Si mette in posa. Fa tutto ciò che è in grado di fare per
semplificarmi la vita. E io mi impegno. Sul serio. Ma sono negato.
Forse c’è scritto AC qualcosa. Un altro SMS a Silvano, e lui mi chiama. Dice che probabilmente ci sono tre lettere, che sta arrivando, che è in centro visite, di non farglielo scappare. Io ci riprovo. AC qualcosa. Forse ACA. Non sono convinto. Il corriere mi guarda sconsolato e con disapprovazione. Si ferma nel punto più vicino e si mette di profilo in luce ottimale. ACA. ACA! ACA!!!!
L’ho letto. Il mio primo anello di corriere grosso (quasi l’unico per altro tra i limicoli e anche in generale, visto che non mi accorgo nemmeno se le bestie che osservo sono inanellate, di solito me lo deve far notare qualcun altro, anche quando scatto foto… tipo quella di questo GRIFONE sulle Alpi Carniche… magari voi l’anello riuscite a leggerlo).
Comunque, ACA sia. SMS a Silvano. Alzo la testa e… E? Cosa diamine
succede? Perché i piccoli limicoli scappano tutti? Ma che ca…? E proprio mentre
lo SPARVIERE colpevolmente si allontana, la porta dell’osservatorio si apre e
sento la voce di Silvano. Diciamo che non è proprio entusiasta del mio non aver
rispettato gli accordi. Nelle foto comunque, interpretandola, la scritta si
legge. Gli dico di mandare pure la comunicazione all’ISPRA per capire se per
caso è uno di quelli inanellati da Pierfrancesco Micheloni (in primavera Silvano
ne aveva visto uno con anelli simili, ma non era riuscito a leggerlo). E mentre
ne parliamo mi viene in mente Jacopo, che di recente credo sia stato ad
inanellare limicoli proprio alle Saline di Comacchio. Mi domando se per caso
l’ha inanellato lui. Penso di scrivergli, ma mi trattengo. Mi pare un’ipotesi
poco verosimile. E’ un sacco di tempo che non ci sentiamo, chissà dov’è e cosa
sta facendo... Inserisco comunque il dato su ornitho.it con la lettura
dell’anello in una nota. Poi i giorni passano. Silvano lo cerca nei ripristini
senza successo, finché domenica non lo ritrova posato sugli isolotti della foce
Isonzo, durante un giro in barca, e riesce a leggerlo anche lui. Tutto bene quel
che finisce bene. O no? Perché martedì 25 nel pomeriggio ricevo un messaggio
uozap da Jacopo con una foto. Questa.
|
Foto (della mano) di Jacopo Barchiesi
|
E’ del 6 agosto. Saline di
Comacchio. La mano è sua. Il suo primo (forse unico?) CORRIERE GROSSO
inanellato. Non serve che vi descriva la sensazione che si prova a ricevere un
simile messaggio. Sorrido. Ogni tanto ci provo. Ne ho bisogno. E’ un sorriso
sereno, mentre una vocina, che si alterna a quell’altra, sussurra “Non tutto è
perduto”. Sorrido. E penso che il Filo che lega ogni cosa esiste ancora. Che
bisogna solo saper leggere i segnali. I messaggi che manda. Gli anelli di
congiunzione. E allora la vocina, quella solita, suggerisce “Guarda che
sull’anello c’è scritto ACA, non vorrei che il messaggio fosse del tipo ‘Vai
ACA ….’, non ti pare?”. Ecco. Per tutta onestà ve lo devo dire. E so che come
al solito non mi crederete, ma non intendo stavolta mostrarvi le prove.
Effettivamente per una settimana dal giorno dell’osservazione ho avuto problemi
intestinali di quel tipo. Così. Giusto per chiudere in bellezza questa storia
romantica.
Ma torniamo a noi. A questo agosto che ci ha visto
quasi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. In ritardo di qualche
minuto per il TEREK. O magari in anticipo di un giorno altrove… del tipo che
mentre guidate in autostrada alle 6.40 di mattina a 130km all’ora vedete un
grosso rapace in volteggio alto sul fiume Tagliamento, un grosso rapace che
pare un GRIFONE ma che non vi convince come grifone, che però non potete
fermarvi ad osservare, e qualche ora dopo mandate un vocale ai compagni di
merende (solo per farli ridere, ma che diventa una vergognosa prova della
vostra inettitudine) in cui narrate l’osservazione mattutina descrivendo l’animale
come una possibile aquila anatraia o simile ma che farcite di insulti ed
improperi perché resterà indeterminabile. E il giorno dopo, a neanche 5km in
linea d’aria dallo stesso sito, in prossimità della RNR Lago di Cornino (Ud), viene filmata un’AQUILA DI MARE. Per due giorni di fila. Forse la stessa che in
seguito Federico Mason si troverà in volteggio sopra la testa a Bertiolo il 26
agosto.
|
Foto di Federico Mason |
|
Foto di Federico Mason
|
Magari la stessa fotografata qualche settimana prima in RNR Foce Isonzo (Go) con foto davvero spettacolari. Per non parlare del fatto che proprio
mentre siete in RNR Foce Isonzo (Go) intenti a leggere anelli di CORRIERE
GROSSO qualcuno riesce a fotografare addirittura un AVVOLTOIO MONACO nel vostro
territorio di competenza lavorativa. Niente da fare. La sincronia è andata
persa. Ma quel che conta è riuscire comunque ad osservare le meraviglie del
mondo, in tempo reale, attraverso gli occhi degli altri. Ovunque siano. Così
l’incontro casuale con Nicola la sera dello stesso giorno in cui in cima ad una
vetta Carnica si è trovato sul sentiero due PIVIERI TORTOLINI basterà a
regalarvi un altro sorriso, nonostante tutti i tentativi a vuoto effettuati anche
di recente per raggiungere un simile obiettivo (Video di Nicola Cesco).
E allora capirete che a volte, in
periodi apparentemente ostili come questi, l’incontro più o meno casuale tra
amici (o messaggeri di amici) è sufficiente a mantenere viva dentro di noi
quella esile fiammella che ci spinge a resistere, a realizzare imprese, ad
immaginare progetti sempre nuovi. Così, mentre Skody racconta, e parla, e parla
(e parla, fidatevi che parla), nella
mente dei presenti prende forma un sogno, la loro idea di avventura.
|
Foto (per mano di Pizonta) di Skodi, Pulotto e Marco Sozzi
|
Che sia quella
di avventurarsi a mani nude nella foresta per abbracciare un orso (con un
saluto a Zorro).
|
Foto (di schiena) di Skody, con l'orso
|
O quella di mangiare un panino in cima ad una montagna
circondati da uno stormo di libellule.
O quella, davvero estrema, di una gestione forestale sostenibile, con il birdwatching da branda.
Anche perché ogni tanto è davvero
il momento di prendersi una pausa e riposare. Tipo un giro in barca in laguna con i compagni di merende, come quello di Gianfranco con Renato e Glauco (non perdetevi il racconto della loro avventura). In fondo si è appena concluso il
quinto anno della Stagione Calda, con nuove comparse finora mancate (dal
CIUFFOLOTTO SCARLATTO all’AQUILA DI MARE, dal GABBIANO TRIDATTILO all’ORCHETTO
MARINO…). Ed è il momento di recuperare le energie, consumate nel tentativo di
realizzare un lavoro sempre più completo ed approfondito. Sforzo che porta ad
ottenere questi risultati, dalle due STAGIONI FREDDE già realizzate alla prima
edizione della STAGIONE CALDA. Vi invito a leggerle per intero, se già non
l’avete fatto, dal retrocopertina ai titoli di coda. Vi avviso in anticipo che
non ci troverete all’interno erudite pagine di letteratura sbiadita, ma solo la
passione ed il sacrificio di chi le ha vissute come un’avventura.
Le trovate
tutte in questa pagina che il Pulotto ha appositamente realizzato per voi.
Oppure scaricabili singolarmente ai seguenti link (cliccando sul titolo in grassetto sopra la copertina).
La Stagione Calda
Vi invito a domandarvi se ci
sia qualcosa di male nel desiderare che vengano valorizzate e condivise, il
prima possibile e gratuitamente ad un pubblico ampio. A questo proposito, per
altro, approfitto per scusarmi, sinceramente e di cuore, a nome mio e di chi
come me prova le stesse sensazioni, con tutte le persone che in questi anni si
sono sentite inevitabilmente ferite in quanto trascurate, escluse o scavalcate.
L’intento, unico, prioritario e dichiarato, nel realizzare questi lavori, è
stato proprio quello di REALIZZARLI. Non quello di mancare di rispetto a
qualcuno, ma di fare in modo che questi dati vedessero la luce, in tempo reale,
invece di restare inevitabilmente ed immeritatamente ad appassire ed
invecchiare in un cantuccio, per sottostare a quelle dinamiche sicuramente
consolidate (e forse eterne) che tuttavia non sempre si sono rivelate efficaci
e vincenti, trasformandosi in un muro insormontabile per nuove proposte e
iniziative.
Non mi illudo che queste mie
frasi vengano apprezzate. E nemmeno, semplicemente, accettate. Ma il percorso
che ho (abbiamo) scelto di seguire è l’unico che rimane per conservare intatto
quel briciolo di passione che ancora non è stata soffocata dalle pregresse reiterate
esperienze personali. Quella passione che spinge alcuni di noi (in questo caso
Renato in particolare) a seguire con sensibilità, apprensione e rispetto la
nidificazione della (potenzialmente) unica coppia di ALBANELLA MINORE presente
in regione che, a distanza di anni dall’ultimo successo riproduttivo del 2017, ha portato
quest’anno due giovani all’involo.
|
Foto di Renato Castellani |
La stessa passione e sensibilità
che dovrebbe aiutarci ad essere di esempio (anziché promotori del comodo compromesso)
in ogni situazione, mettendo un freno (e non valorizzando) quei comportamenti
(messi in atto spesso e volentieri da professionisti) che possono comportare un
rischio per la sopravvivenza ed il ciclo vitale di alcune specie (sensibili o
meno che siano) pur di ottenere consensi di pubblico (a scapito dell’etica del
comportamento), con le proprie azioni e/o fotografie ravvicinate, che tuttavia
continuano ad essere entusiasticamente apprezzate (se non addirittura lautamente
ricompensate). Così, per concludere, ora che la stagione riproduttiva è
terminata per buona parte delle specie (ma non per tutte, fate attenzione, le
MORETTE al lago di Cavazzo sono ancora a spasso con i pulli…), ci domandiamo
che senso abbia tormentare a pochi centimetri dal nido animali meravigliosi
come la GHIANDAIA MARINA
che non hanno il minimo riguardo a posarsi indifferenti, da giovani o da
adulti, a pochissima distanza mentre transitate in auto lungo le strade che il
destino ha scelto per voi.
La risposta è implicita nella natura dell’uomo, che
pur di sopravvivere è disposto a sacrificare tutto e tutti, compresi i propri
simili, per conservare un posto al sicuro sulla scialuppa con i viveri, nel
tentativo di illudersi che la stessa non sia destinata inevitabilmente ad
affondare. La cosa inquietante, tuttavia, è che se qualcuno decide di
sacrificarsi, tuffandosi spontaneamente dalla barca, allontanandosi a nuoto con
l’intento di dare ai naviganti la possibilità di sopravvivere più a lungo senza
di lui, verrà additato e criticato ugualmente, perché avrà smesso di remare (in
tondo) al loro posto. E niente allora. Da bambino un famoso Pierino domandava estatico
“Papà, ma quanto è immenso l’Oceano?”. Ed il padre, autoritario ed insensibile,
rispondeva “Pierino, taci e nuota”.